American Hustle - L'apparenza inganna (di David O. Russell, 2013)

Creato il 13 gennaio 2014 da Frank_romantico @Combinazione_C

Allora, mi chiedo che tipo di film si aspetti colui che vada al cinema per vedere American Hustle. Mi chiedo anzi cosa si aspetti e cosa cerchi lo spettatore che conosce la - brevissima - carriera del regista, David O. Russell. Perché davvero, non sono ancora riuscito ad inquadrarlo, io, Russell. E quindi, quando sono andato al cinema per guardare American Hustle, non mi aspettavo assolutamente niente. Forse per questo non ne sono rimasto inevitabilmente deluso, forse per questo non provo l'entusiasmo generale verso una pellicola che davvero - senza nulla togliere a chi ne è rimasto entusiasmato - non ha niente di entusiasmante. 
Ambientato tra il 1974 e il 1978, il truffatore finanziario Irving Rosenfeld e la sua socia e amante Sydney Prosser si trovano loro malgrado a lavorare a fianco dell'agente federale Richie DiMaso per incastrare una serie di politici e mafiosi, tra cui Carmine Polito, l'imprevedibile sindaco della povera città di Camden, in New Jersey. (da Wikipedia)

Di cosa parla American Hustle – L’apparenza inganna? Di gente che è ma vorrebbe essere altro. Di gente che si sforza nel tentativo di essere diversa, scontenta di quello che è. E per farlo, cosa fa? Alcuni ingannano gli altri, altri ingannano loro stessi. Ad esempio Irving e Sydney, truffatori che aspirano ad una vita diversa ma che almeno ne sono consapevoli e che fingono con uno scopo. La loro finzione è un mezzo ma a un certo punto ne rimangono intrappolati, vittime del loro stesso gioco. L'unica via d'uscita è il fatto che riescono a capirlo e che, capendolo, sono in grado di giocare le loro carte. Autocoscienza. Il loro dramma. Irving è intrappolato in un matrimonio infelice con la bella e stupida Rosalyn Rosenfeld, donna aggrappata ad un sogno d'amore purtroppo infranto, che lo stritola. Sydney è stata così impegnata nel provare a cambiare da essere riuscita a convincere tutti tranne che se stessa. E la cosa la fa soffrire perché dover fingere sempre e con tutti è estenuante. 
Poi c'è Richie DiMaso, un poliziotto neanche troppo in gamba. Lui, nel tentativo di cambiare se stesso, crea un personaggio in cui finisce per credere dimenticando quello che è in realtà. DiMaso è i suoi bigodini, i suoi vestiti da "febbre del sabato sera", sua madre asfissiante e la sua fidanzata che però non è proprio la sua fidanzata. E' un poliziotto troppo in gamba per il suo capo. E' tutto quello che vorrebbe essere ma che non può. E Carmine Polito? Polito è un politico che si auto-convince che il fine giustifica i mezzi e per questo non può credere che ci sia qualcosa di sbagliato in quello che fa. 

Allora credo che il problema non sia né nel tema, né nella sceneggiatura di Eric Warren Singer. Credo che il problema (se problema si può chiamare) sia nella regia. Perché noi sappiamo che David O. Russell è bravo e anche lui sa di esserlo. Il suo modo di dirigere è praticamente perfetto. Non comprendo allora il perché di certi pasticci (o meglio, mancanza di definizione) in certi passaggi e il perché di certe esagerazioni. Non capisco il motivo per cui abbia sentito il bisogno di fare il verso, nella prima parte, ad un'opera immensa come il Casinò di Martin Scorsese. Non fraintendetemi, American Hustle è un bel film. Solo che finisce per essere esagerato, un po' troppo lungo, in alcuni momenti perfino noioso. E il motivo per cui funziona forse sta negli attori tutti in stato di grazia, in alcune scene che perse singolarmente sono grande cinema. Christian Bale è fenomenale, la Lawrence anche, Jeremy Renner si conferma un abilissimo caratterista e un Bradley Cooper istrionico dimostra ancora una volta di avere la comicità nel sangue. Per non parlare di Amy Adams e delle sue vertiginose scollature e del cameo di Robert De Niro. American Hustle fonde commedia e dramma, ma non riesce a colpire fino in fondo. Intrattiene ma si volatilizza poco dopo la fine della visione. Prova ad essere epico ma ha un non so che di finto, falso, patinato. Solo apparenza, mi verrebbe da dire. Un inganno ben orchestrato. E gli inganni a me affascinano solo fino a quando non vengono svelati.


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