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“Quant'è bella giovinezza / che si fugge tuttavia”. Rivedendosi per la riunione della classe del '99, nel gustoso “American Pie: ancora insieme” (scritto e diretto da John Hurwitz e Hayden Schlossberg sulla base dell'indimenticabile set di personaggi di Adam Herz), Jim, Michelle, Kevin, Oz, Finch e Stifler ripiombano, chi per scelta chi per errore chi per equivoco, nelle malefatte adolescenzial-sessuali del passato. Solo che non sono più adolescenti, e lo sanno.
Facciamo un po' di conti. Il primo “American Pie” è del 1999, il secondo del 2001, “American Pie – Il matrimonio” è del 2003. Vero, ora i protagonisti sono ultra-trentenni, il che per fortuna non vuol dire essere vecchi; e tuttavia sono invecchiati, in due sensi. Il primo è oggettivo, legato al passare del tempo e al mutare della condizione. Jim (Jason Biggs) e Michelle (Alyson Hannigan), apprendiamo dal film, hanno smesso di fare sesso dopo la nascita del loro bambino (brutta storia per due che ancora al loro matrimonio, nel terzo film, si autodefinivano una ninfomane e un perverso). Lavoro e famiglia, fallimenti e divorzi hanno segnato un cambiamento esistenziale per tutta la banda. Perfino Stifler (Seann William Scott), il pazzo pericoloso del gruppo, in un momento di sincerità ammette: “Sì, il liceo è stato fichissimo - poi però...”.
Il secondo motivo è legato al tipo di sessualità su cui tutta questa notevole serie è costruita. Una sessualità demenziale, legata alla voracità sessuale assatanata e pasticciona del periodo della high school - donde l'enfasi sui fluidi, corporei e non, sulla frustrazione e lo sputtanamento (Jim è ancora famoso su You Tube per il suo famigerato filmato), l'esagerazione, il trucco, l'imbroglio e il salvataggio in extremis. Una sessualità scomposta e gasata, segreta e ridicola.
Di questo iato fra il passato e il presente il film, nell'intelligente sceneggiatura di Hurwitz e Schlossberg, è pienamente consapevole, anzi, è costruito su di esso. Per questo in “American Pie: ancora insieme” serpeggia sotto il divertimento una vena di malinconia che sfiora la tristezza - e non è semplicemente quel che di malinconico che si ritrova nelle ultime puntate di ogni serie, perché sottoposta al passare del tempo. “Eravamo dei bambini”, dicono, ammirando le loro foto di allora alla riunione – e a Stifler: “Quando capirai che le cose non saranno mai più come un tempo?” Divertentissima in questo senso, profondamente rivelatrice, la loro osservazione alla festa delle Cascate che le ragazze di oggi sono più “zozzette” che ai loro tempi! Scambiano per mutamento dei tempi il loro mutamento soggettivo.
Si parva licet componere magnis, “American Pie: ancora insieme” si fonda su un preciso movimento dialettico. Dove il momento positivo iniziale è costituito dalla nostra memoria dell'intera serie con la sua enfasi sulla sessualità scatenata; il momento negativo è dato dal tentativo frustrato di ritornare a quei momenti da parte di chi non ne ha più l'età (ciò sia sul piano del reale, incarnato da Stifler, sia su quello dell'equivoco, incarnato da Jim); infine la negazione della negazione, che si costruisce lentamente per esplodere nella bella sequenza della festa, si risolve nell'accettazione di una nuova dimensione della sessualità, che possiamo assimilare alla condizione adulta. Va ricordato che un tema comico importante, sebbene laterale, della serie “American Pie” era la scoperta scandalizzata della sessualità dei genitori; ma adesso Jim e Michelle sono diventati genitori loro.
Naturalmente quel che importa sul piano cinematografico è che questo sviluppo sia delineato con intelligente piacevolezza. Molto consapevole, giova ripeterlo, il film si destreggia con veloce abilità fra le tradizionali gag adolescenziali della serie e il cambiamento esistenziale (non sempre accettato) dei personaggi. Nella notevole sequenza finale - la festa della riunione - diventa addirittura commovente; e certamente quel vivo senso del tempo che passa gli dà una dimensione a suo modo elegiaca.
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