Magazine Cinema
di Clint Eastwood
con Bradley Cooper, Sienna Miller
Usa, 2014
genere, biografico, drammatico
durata, 134'
Nel mestiere di critico cinemagrafico come in quello di chiunque abbia a che fare con macrocategorie capita spesso di generalizzare nel tentativo di comprendere la complessità dei fenomeni osservati. Per fortuna, almeno nel cinema, esistono ancora i cavalli di razza, esponenti di un eclettismo naturalmente riottoso a questo tipo di semplificazione. Se non fosse così Clint Eastwood da par suo rischierebbe la schizofrenia, tante sono state nel corso degli anni le interpretazioni che di lui e della sua arte sono state fornite. Revanscista e misogeno al tempo della new hollywood, progressita e umanitario a partire dagli anni novanta (con "The Unforgiven" a rappresentare tale cesura), il cinema del regista americano, almeno in Italia, non ha mai avuto una lettura equilibrata, per motivi in parte riconducibili alle simpatie politiche del regista, in parte per la scelta di sceneggiature caratterizzate da un protagonismo maschile dominante e risoluto. Per fortuna l'arte cinematografica nelle sua migliori espressioni è frutto di ben altri estri, e soprattutto orgogliosa di una libertà - di pensiero e d'espressione - che Eastwood conferma ancora una volta con "American Sniper", autobiografia del cecchino più letale della storia americana - al secolo Chris Kyle, navy seals impiegato in Iraq - e nuovo capitolo su uno dei momenti più drammatici della recente storia americana, quello seguito alla tragedia dell'11 settembre - puntualmente ricordata nelle immagini d'archivio presenti nel film- con la crociata proclamata dalla nazione americana rappresentata dallo spirito guerriero e dagli ideali dell' irrequieto protagonista.
Dopo il nostalgico revival di "Jersey Boys" Eastwood torna dunque al presente, "complicandosi" la vita con la storia di un uomo che, non solo decide di vendicare il suo paese schierandosi dalla parte del più forte, ma che nel farlo si dimostra scevro da qualsiasi accenno di dubbio o pentimento. Una visione del mondo unilaterale e manichea che appartiene alla biografia del personaggio, e che Eastwood trasporta sullo schermo in una forma (classica) certamente impeccabile, ma senza la consueta (e a dire il vero da un pò di tempo assente) capacità di riflessione.
Mancanza d'ispirazione, o, se diamo retta alle accuse scatenatesi dopo la presentazione del film, omissione volontaria, quello che qui importa non è constatare il fatto che "American Sniper" abbia più di una similitudine con certo cinema di guerra votato all'azione, come attesta l'inserimento nella parte centrale del film di un'affannosa caccia all'uomo ("Il macellaio", sniper iracheno che fa strage di marines) non presente nel libro di memorie da cui è tratta la storia; ne di rilevare il cambio di prospettiva adottato nell'approccio ad un genere come quello biografico, che Eastwood aveva affrontato in passato con una lente sin troppo deformante (ci riferiamo soprattutto a J Edgard) e che oggi, almeno per quello che riguarda la vita di Chris Kyle, si attiene alla realtà dei fatti senza interpretarli. Interessa invece rilevare una continuità di temi e contenuti rispetto alla carriera dell'autore che "American Sniper" ribadisce soprattutto nella parabola esistenziale di un uomo che non riesce a salvare ne se stesso ne gli altri. Ennesima figura di paternità mancata, lo Sniper Eastwoodiano diventà così l'emblema di un cinema che attraverso la sconfitta del super uomo confessa al mondo la sua impotenza.
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