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Amici miei è una saga incantevole sull'esistenza buffa, balorda, italianissima di cinque amici alle prese con il mondo. Un mondo radicato nella veracità toscana, in special modo fiorentina, nelle serate in stile bar Sport da Necchi, un biliardo sempre pronto per giochi senza regole e l'amore di procaci donne dietro l'angolo della fantasia più vicina e soluzioni geniali. Amici miei è un inno alla vita come gioco, al disordine improvviso di collegiali uniti da sane risate di gusto contro gli imbecilli e i creduloni di turno.
Lo ammetto: Monicelli e Loy, pur con le loro considerevoli differenze, hanno disegnato un mondo straordinariamente coerente... in cui uno come me (piuttosto "tedesco") non sarebbe proprio capace di vivere. Eppure è un mondo che riconosco e guardo nostalgico, un mondo di affetti e di sincerità, un mondo di egosimi e di improvvise scintille di follia, in cui si annoda la vita per il gusto di infiocchettarla con estrose giarrettiere, sfuggire alla sua malinconica noia e farne coriandoli.
Non so per quanto tempo ancora generazioni che non hanno vissuto come il sornione Giorgio Perozzi (Philippe Noiret), come il "conte" squattrinato Lello Mascetti (l'inimitabile Ugo Tognazzi), come il vanesio e troppo sentimentale Rambaldo Melandri (Gastone Moschin), come l'accesissimo Necchi (Duilio Del Prete), o come il chirurgo di chiara (e dubbia) fama Dottor Professor Sassaroli (Adolfo Celi)... non so, dicevo, quanto a lungo ancora si riconoscerà in questi uomini del passato una parte dei ricordi d'infanzia, un parente, un pomeriggio estivo in campagna, l'attesa di una "noiosa" sera tra amici...
Per me è così: per me questi uomini esistono quasi come luogo dell'anima, come possibilità di non essere ciò che sono diventato e che voglio diventare. Come espressione di un brillante inno un po' scomposto e dissacrante alla vita e alle sue menzogne, ebbro d'amore e di genio. Per quanto non sia un fautore del realismo o della commedia "all'italiana", per quanto non ne ami il linguaggio un po' opaco della macchina da presa, Amici miei rappresenta per me un'eccezione singolare, per la sua capacità di inventare un mondo ed essere anche prevedibile, ma divertirti come un buffetto che ti aspetti proprio in quel momento.
Non so neanche quanto queste filastrocche rimate di rime esplicite ed ammiccanti echeggino ancora in uomini che hanno vissuto quell'età. Nella malinconia che accompagna la visione di film come Amici miei sta tutto il suo successo di vitalità: Mascetti, Melandri, Necchi, Sassaroli e Perozzi esprimono fino alla fine una vitalità che può essere inautentica (soprattutto nel terzo atto di Loy), ma non manca per questo di essere toccante e unica.
Zingarate e supercazzole con scappellamenti multidirezionali (e non c'è GPS che tenga!) entrano nel lessico degli spettatori come parole sussurrate, da uomo a uomo, da amici troppo allegri a un pranzo di Natale in famiglia e subito apprese, tra sguardi trasognati e divertiti delle donne, contagiate e coinvolte in questo buffo gioco maschilista con l'ilarità di un'occasione senza eguali.
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