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Amicizia e cavalli di Troia

Creato il 12 novembre 2013 da Giuseppe Bonaccorso @GiuseppeB

TheprocessionofthetrojanhorseintroybygiovannidomenicotiepoloEsiste un parallelo tra il cavallo di Troia e il concetto di amicizia e, in fin dei conti, la tattica di Ulisse, molto simile a quella usata con Polifemo, è effettivamente un atto di pura amicizia. Per renderci conto di ciò, possiamo iniziare dal presupposto che l'uomo è tendenzialmente un animale sociale e che, prima di diffidare, preferisce cedere al piacere della fiducia. In secondo luogo, a differenza dell'inimicizia, che si palesa senza veli, che mostra i denti, provoca liti e certezze (negative), l'amicizia è strutturalmente (ovvero nella sua intima natura) subdola, un'ipoteca sul futuro, direbbero gli esperti di finanza.

L'amico diviene tale in virtù di una scommessa: ovvero basandosi sul fatto che si consideri persistente un carattere intrinsecamente transitorio. Ci si fida, direbbe il buon Heidegger, senza impegno, senza piena volontà, perchè per l'amicizia la volontà non serve. Ci si fida perchè è comodo pensare che qualcuno stia dalla nostra parte piuttosto che da quella opposta. Ma "ci si fida", ovvero si compie un atto da deietti, un gesto che presuppone l'impossibilità di conoscere la contingenza, di prevedere l'evoluzione o, in altre parole, di raggiungere quel grado di certezza che permette al "conoscente" di essere supinamente promosso ad "amico".

Il cavallo di Troia era un amico. Un simbolo amichevole. Qualcosa che attirò l'attenzione dei troiani sino a spingerli a tirarlo sin dentro le mura della loro fortezza. Così è il potenziale amico. Bello, adorno d'ogni gioia, pronto all'elogio, all'aiuto, alla manifestazione del suo stato di "eletto". Ma proprio per questo, egli (o ella) è potenzialmente peggiore del nemico dichiarato. Ad esso si aprono le porte, con esso si condividono tetti e tavole, ovvero, evitando i giri di parole, ci si fida dell'amico e quindi gli si dona il proprio essere inerme.

Ma la vita è ben più saggia sia dei troiani che dello stesso Ulisse. Il cavallo può svelare il ventre distruttivo solo una volta; dopo tutto diviene chiaro: l'amico si svela e diviene nemico. Come un baro che tenta sino all'ultimo di usare la sua strategia, senza l'aiuto del caso, il falso amico ha perso in partenza la sua guerra, proprio perchè ha vinto una battaglia. Solo il primo mezzogiorno, dal Gianicolo, può essere sparata una vera palla di cannone: il giorno successivo l'insurrezione popolare distruggerà ogni traccia e il mito, per quanto pregno di significati, tornerà ad essere tale.

In guerra i falsi amici possono mietere vittime, ma è il nemico che può batterci, perchè la vita si gioca sempre e solo ad armi pari.

Amicizia e cavalli di Troia
 
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