Qualche settimana fa sono stati pubblicati i dati dell’indagine Adolescenti e Socialità condotta dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza e dall’Associazione Laboratorio Adolescenza su un campione di 2000 ragazzi e ragazze tra i 12 e i 14 anni. Laura Traldi, di D di Repubblica, mi ha chiesto di commentarli. L’intervista è appena uscita col titolo Che fine ha fatto l’amico del cuore? su D di Repubblica in edicola da sabato e riguarda appunto l’amicizia in adolescenza.
L’amicizia in adolescenza
Senza ripetere quanto si può leggere nell’intervista o in altri articoli che ho scritto qui in precedenza, quello che mi preme aggiungere a proposito di amicizia in adolescenza, sia essa duale che in gruppo, è come essa risulti centrale nell’imparare a conoscere se stessi e gli altri, nel capire quale sia il proprio pensiero sulle cose e quale il nome delle emozioni dentro di sé e dentro le altre persone. Sono aspetti legati da un lato all’identità, dall’altro allo sviluppo della Teoria della mente (Tom).
Oltre che essere fondamentale per lo sviluppo dell’identità e della Teoria della mente, la relazione con i coetanei in adolescenza è un elemento cruciale per avere una buona autostima, cioè per percepirsi come persona dotata di valore. In questi anni, ciò che conta più di ogni altra cosa è l’essere apprezzati dagli altri, sentire di piacere loro e di ricevere delle conferme.
Se l’amicizia con i coetanei mantiene in adolescenza una funzione strutturante, è preoccupante che ci sia un 32% di ragazzi e ragazze che si sente a disagio quando è con gli amici, sia che si tratti di frequentare un solo amico che un piccolo gruppo di amici.
E cosa dire degli adolescenti che hanno deciso di sottarsi al contatto con gli altri e preferiscono starsene da soli?
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