Ecco un'altra notizia da aggiungere alla lista "eventi che non lasciano stupiti nessuno". All'ultima gamescom ebbi modo di provare la versione VR di Among the Sleep, l'horror vissuto nei panni di un bambino. Non fu un'esperienza piacevole. Gli sviluppatori in quell'occasione mi hanno ripetuto più volte che la build non era ottimizzata per la VR e, infatti, mi sentii male (nonostante sia abituato alle esperienze in virtual reality). Il motivo era semplice: i movimenti ciondolanti del bambino erano semplicemente ingestibili per il mio stomaco, già messo alla prova dal fatto che il gioco era basato sul movimento come nei videogiochi tradizionali.
Non mi lascia quindi affatto sorpreso che lo sviluppatore, Krillbyte, abbia appena deciso di cancellare il supporto per la VR. Come spiega Kristina Halvorsen, membro dello studio, le tecniche usate per emuilare le azioni e la prospettiva di un bambino di pochi anni, dall'equilibrio incerto dunque, non funzionano bene in realtà virtuale. Credo che questa decisione sia molto saggia, e rivelatrice sotto molti aspetti. Innanzitutto, un gioco non può essere adattato in realtà virtuale: deve nascere con questo medium in mente, esattamente come è successo per i migliori titoli immersivi disponibili, com l'adventure Robinson: The Journey o il rompicapo Esper. Non è quindi sufficiente prendere una buona idea (come nel caso di Among the Sleep) e trasferirla in VR perché funzioni.
Speriamo quindi che sempre più sviluppatori apprendano da questo fallimento e decidano di lavorare su esperienze immersive ottimizzate e funzionanti. Il rischio in agguato è sempre quello: avvelenare il pozzo e fare sì che le persone associno la VR alla motion sickness. I dev hanno quindi una grande responsabilità per le loro mani e, più che mai in questo delicato e innovativo settore, bisogna tenere a mente che la qualità è più importante della quantità.
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