In inglese dicono show, don’t tell, mostralo ma non lo dire. Non dire che il tuo personaggio è nervoso, fagli battere le dita sul tavolo. Non dire che il tuo personaggio è triste, fagli fissare le case da una finestra mentre fuma una sigaretta. Non dire che il tuo personaggio ha paura, fallo scappare. Già… ma come si fa a scrivere le emozioni senza parlarne? Qualche giorno fa alla Berlinale ho partecipato all’incontro Writing Emotions for the Screen in cui tre filmmakers hanno spiegato come si scrivono la paura, l’amore e la rabbia in una sceneggiatura. Consigli utili che valgono anche per lo scrittore.
3 Film, 3 registi, 3 emozioni
L’Hebbel am Ufer è nei pressi di Hallesches Tor, ci arrivo facilmente con uno dei miei autobus preferiti, l’M41. La Willy-Brandt-Haus è il segnale che bisogna scendere: non ci si può perdere, una fila di una ventina di persone sta facendo lo stesso percorso, tutti all’Hebbel am Ufer, ché su palco tre filmmakers, Oliver Hermanus, David Gordon Green, Bence Fliegauf, moderati dalla giornalista e documentarista Dorothee Wenner, spiegano come si scrivono la rabbia, la paura e l’amore in una sceneggiatura. La formula dell’incontro è molto semplice: di ogni regista vediamo uno spezzone di un film che, insieme agli altri registi, viene commentato.
Paura: Just the Wind di Bence Fliegauf
Con Just the Wind, Bence Fliegauf è stato vincitore del Jury Grand Prix alla Berlinale 2012. Il film racconta la vita quotidiana di una famiglia Rom vittima di episodi molto gravi di razzismo. Calano le luci, nella sala piena dell’Hebbel am Ufer. Ci vengono mostrati i primi minuti del film.
Una bambina si sveglia in una casa buia, quattro letti nella stessa stanza, niente acqua corrente. Esce, è in una foresta. Tra gli alberi sembra ci sia un uomo, ma la bambina prosegue, e, come fosse in uno scenario di guerra, incontra una decina di uomini che le pongono delle domande. Del fuoco brucia in secondo piano. Uno degli uomini indugia con lo sguardo sulle forme immature della bambina. Le chiedono di tenere il cellulare acceso. La bambina continua a camminare, fino al ciglio della strada. Aspetta un autobus. L’autista lo fa fermare a duecento metri dalla fermata, la bambina è costretta a correre.
Bence Fliegauf spiega che ha scelto quel set, perché vedere una bambina in una foresta, con inquadrature ravvicinate e frammentate, crea automaticamente tensione nello spettatore. Grazie anche alla scarsezza dei dialoghi, lo spettatore si chiede “cosa le succederà?”, “chi è quell’uomo tra gli alberi?”, “cosa vogliono quegli uomini dalla bambina?”. L’elemento foresta, insieme a quello sessuale, genera naturalmente uno stato di disagio.
“Let things happen, do not make it happen” dice Bence. Cioè allo scopo di creare tensione e paura, il regista suggerisce di non forzare gli eventi, ma di lasciare che accadano. Bisogna ricercare quegli elementi che automaticamente (una parola che Bence ha ripetuto spesso nel suo inglese carico di accento ungherese) producono nell’essere umano una reazione emotiva a catena.
Rabbia: Prince Avalanche di David Gordon Green
Con Prince Avalanche, David Gordon Green ha vinto il premio come migliore regista, assegnato dalla giuria internazionale della Berlinale 2013. Il suo film, come ha raccontato lo stesso David Gordon Green, è stato un esercizio di regia. Tra le grandi produzioni americane a cui ha partecipato, il regista ha voluto, con un film semplice e due personaggi quasi banali, ripulire la sua poetica.
Alvin e il fratello della sua ragazza, Lance, lavorano lungo il bordo di una strada di montagna. Alvin esplode per una sciocchezza, i due litigano furiosamente. È che lei lo ha lasciato. Comincia una telefonata, tra Alvin, fuori di sé, e la sua ormai ex-ragazza. La telefonata, che dovrebbe essere l’aspetto cruciale della scena, diventa un sottofondo musicale per una serie di immagini di una strada che scorre velocemente: asfalto, linee di carreggiata, foglie, sporco e ancora asfalto. I colori si mescolano, nuove figure prendono forma. Una scena ipnotica che distoglie l’attenzione dalla telefonata e la rende ancora più efficace. La scena si conclude con un elemento surreale, delle lettere che appaiono sulle immagini del film a formare la frase: “I love you so much”.
David Gordon Green spiega che porre in secondo piano le voci della telefonata e mostrare allo spettatore immagini ricorrenti, veloci e ipnotiche ha lo scopo di raccontare il disagio tra i due personaggi coinvolti nella discussione in maniera che le emozioni possano scivolare dentro lo spettatore.
Amore: Beauty di Oliver Hermanus
“Ferociously powerful“, secondo il Guardian, Beauty racconta la storia di Francois, un uomo bianco sudafricano, razzista e omofobo, che spesso cerca rapporti sessuali con altri uomini bianchi, generalmente sposati.
L’estratto che ci viene mostrato è un lungo dialogo tra Francois, il protagonista, e il marito di sua figlia, Christian. La scena si svolge in una caffetteria, è notte tarda. Francois è visibilmente emozionato, a tratti, sembra scioccato. Racconta esperienze e ricordi che non hanno nessun senso per Christian e per lo spettatore. Racconta chi è, cosa fa, cosa ha fatto in gioventù – era, dice Francois, l’anima delle feste a cui partecipava. Il dialogo, sempre più spezzettato, diventa un monologo. La parola non viene pronunciata nemmeno una volta, eppure è chiaro a noi spettatori che Francois sta provando con difficoltà a esprimere il suo amore impossibile – una vera e propria ossessione – per Christian.
Tre registi, tre film, tre consigli di scrittura
Nonostante la moderatrice dell’incontro dica che una sceneggiatura non è un romanzo, trovo che i consigli di Oliver, Bence e David possa venir utili anche allo scrittore. Proverei a riassumerli così:
- Scegli un set per la tua scena che automaticamente e naturalmente generi un’emozione specifica nel lettore
- Distogli l’attenzione dall’oggetto principale della narrazione per lasciar scivolare le emozioni nel lettore senza che il lettore se ne accorga
- Per svelare in maniera efficace l’emozione di un personaggio durante un dialogo, fai parlare il personaggio attorno all’emozione.
La Berlinale è finita e…
Ho visto molti film, ho girato Berlino saltando di cinema in cinema, ho visto e conosciuto persone nuove, ma, soprattutto, ho confermato l’idea, che da sempre ho avuto, che con i film, sia quelli buoni che quelli cattivi, si possano imparare tanti piccoli trucchi per scrivere un romanzo migliore.
Hai mai avuto difficoltà nel descrivere le emozioni di un personaggio? Trovi i film utili per imparare a scrivere? Se ti va, lascia un’opinione nei commenti.