Siamo abituati
all'idea che nel rapporto di coppia siano soprattutto gli "opposti"
ad attrarsi. Un luogo comune che fatica a essere scardinato dall'immaginario
collettivo. Ma oggi una nuova ricerca mette definitivamente al palo il famoso
detto, perché da un punto di vista scientifico parrebbe vero il contrario: che
si attraggono, cioè, le persone fra loro più simili, o perlomeno caratterizzate
da un Dna affine. Gli scienziati dell'Università della California hanno
analizzato il Dna di 800 coppie sposate e l'hanno paragonato con quello di
coppie unite fra loro in modo casuale. E' così emerso che solo nelle coppie convolate
a nozze si hanno similitudini spiccate fra i rispettivi Dna. Come mai? E'
possibile spiegarlo rileggendo le prime pagine della storia dell'evoluzione
umana, quando il partner veniva ricercato all'interno della propria etnia; dando
così maggiore vigore al significato antropologico e culturale del clan, che più
difficilmente finiva per essere contaminato da nuovi paradigmi sociali.
Atteggiamento non tanto diverso da quello scaturito in seguito agli amoreggiamenti
che fiorivano fino a qualche decennio fa nelle cascine o nei villaggi di
mezz'Italia, dove spesso ci si univa in matrimonio addirittura con un cugino
(accadde anche a Einstein e Darwin); o a quelli appannaggio delle famiglie più
nobili, che si incrociavano fra loro per mantenere "pura" la
dinastia. Di sicuro c'è ancora oggi una specie di "subliminale" attenzione
nei riguardi di persone che sono più simili a noi; per cui una persona di bassa
statura mirerà a un individuo della stessa altezza e un segaligno punterà a una
fisionomia altrettanto filiforme. Vale anche per gli hobby, le tendenze
artistiche, un certo modo di interpretare le cose e i fatti, il sistema
educativo ricevuto, la propensione religiosa. In Italia, peraltro, il fenomeno
pare particolarmente evidente. L'Istat nel 2008 ha condotto uno studio su
49mila persone verificando che nel 61% dei casi si punta a un partner con il
nostro livello d'istruzione e che condivide gli stessi nostri bisogni
affettivi. Così facendo, senza saperlo, selezioniamo il partner più simile a
noi, anche dal punto di vista genetico; anche perché inconsciamente assicuriamo
alla discendenza gli aspetti fenotipici e genotipici che ci rappresentano di
più. La ricerca si contrappone ad altre svolte finora, nelle quali emergeva che
l'attrazione fra Dna differenti fosse una prerogativa essenziale dell'essere
umano per fronteggiare al meglio le malattie. Secondo vari studi, infatti, l'incrocio
fra Dna diversi porterebbe a un rafforzamento del sistema immunitario dei
nostri figli, più preparati ad affrontare attacchi da parte di virus, batteri e
altri agenti patogeni. La teoria non può essere del tutto screditata, poiché è
risaputo che la cosiddetta variabilità genetica è fondamentale per la
sopravvivenza di una specie. Una piccola popolazione costretta a vivere in un
punto isolato della terra finisce per estinguersi proprio perché il continuo
incrocio fra consanguinei conduce a un depauperamento delle "risorse"
genetiche. Un po’ il rischio che corre il delfino di fiume amazzone appena
scoperto (Araguaian boto), circoscritto
a un'area fluviale limitata; e che ha corso l'uomo di Neanderthal, obbligato
dall'uomo moderno a chiudersi in nicchie sempre più piccole fino a esalare il
suo ultimo respiro 40mila anni fa.
Magazine Scienze
Siamo abituati
all'idea che nel rapporto di coppia siano soprattutto gli "opposti"
ad attrarsi. Un luogo comune che fatica a essere scardinato dall'immaginario
collettivo. Ma oggi una nuova ricerca mette definitivamente al palo il famoso
detto, perché da un punto di vista scientifico parrebbe vero il contrario: che
si attraggono, cioè, le persone fra loro più simili, o perlomeno caratterizzate
da un Dna affine. Gli scienziati dell'Università della California hanno
analizzato il Dna di 800 coppie sposate e l'hanno paragonato con quello di
coppie unite fra loro in modo casuale. E' così emerso che solo nelle coppie convolate
a nozze si hanno similitudini spiccate fra i rispettivi Dna. Come mai? E'
possibile spiegarlo rileggendo le prime pagine della storia dell'evoluzione
umana, quando il partner veniva ricercato all'interno della propria etnia; dando
così maggiore vigore al significato antropologico e culturale del clan, che più
difficilmente finiva per essere contaminato da nuovi paradigmi sociali.
Atteggiamento non tanto diverso da quello scaturito in seguito agli amoreggiamenti
che fiorivano fino a qualche decennio fa nelle cascine o nei villaggi di
mezz'Italia, dove spesso ci si univa in matrimonio addirittura con un cugino
(accadde anche a Einstein e Darwin); o a quelli appannaggio delle famiglie più
nobili, che si incrociavano fra loro per mantenere "pura" la
dinastia. Di sicuro c'è ancora oggi una specie di "subliminale" attenzione
nei riguardi di persone che sono più simili a noi; per cui una persona di bassa
statura mirerà a un individuo della stessa altezza e un segaligno punterà a una
fisionomia altrettanto filiforme. Vale anche per gli hobby, le tendenze
artistiche, un certo modo di interpretare le cose e i fatti, il sistema
educativo ricevuto, la propensione religiosa. In Italia, peraltro, il fenomeno
pare particolarmente evidente. L'Istat nel 2008 ha condotto uno studio su
49mila persone verificando che nel 61% dei casi si punta a un partner con il
nostro livello d'istruzione e che condivide gli stessi nostri bisogni
affettivi. Così facendo, senza saperlo, selezioniamo il partner più simile a
noi, anche dal punto di vista genetico; anche perché inconsciamente assicuriamo
alla discendenza gli aspetti fenotipici e genotipici che ci rappresentano di
più. La ricerca si contrappone ad altre svolte finora, nelle quali emergeva che
l'attrazione fra Dna differenti fosse una prerogativa essenziale dell'essere
umano per fronteggiare al meglio le malattie. Secondo vari studi, infatti, l'incrocio
fra Dna diversi porterebbe a un rafforzamento del sistema immunitario dei
nostri figli, più preparati ad affrontare attacchi da parte di virus, batteri e
altri agenti patogeni. La teoria non può essere del tutto screditata, poiché è
risaputo che la cosiddetta variabilità genetica è fondamentale per la
sopravvivenza di una specie. Una piccola popolazione costretta a vivere in un
punto isolato della terra finisce per estinguersi proprio perché il continuo
incrocio fra consanguinei conduce a un depauperamento delle "risorse"
genetiche. Un po’ il rischio che corre il delfino di fiume amazzone appena
scoperto (Araguaian boto), circoscritto
a un'area fluviale limitata; e che ha corso l'uomo di Neanderthal, obbligato
dall'uomo moderno a chiudersi in nicchie sempre più piccole fino a esalare il
suo ultimo respiro 40mila anni fa.
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