Già, proprio così. Era la Mostra di Venezia del 2008 e la "nostra" assisteva in Sala Grande alla proiezione del suo primo lavoro da regista, un cortometraggio dal titolo Eve: la sala, malgrado la presenza di una stellina di Hollywood, era semideserta e a fine proiezione ebbi gioco facile nell'avvicinarla e stringerle la mano. Sorvolerò in questa sede di descrivervi l'imbarazzo misto a adrenalina del sottoscritto... In fin dei conti stiamo parlando di Lei: era vestita nel modo più semplice e anonimo possibile, camicetta celeste e jeans, eppure il suo viso il suo sorriso contribuivano a far sprigionare tutto il suo incredibile e inarrivabile fascino. Lo stesso fascino che aveva contagiato i milioni di spettatori che l'avevano vista in Closer di Mike Nichols, la sua prima (e finora unica) nomination.
Tuttavia, è lontano dai blockbuster che la Portman ottiene le parti migliori, a conferma di un intuito e un impegno cinematografico niente male: sarà la musa del regista Wes Anderson nello sconclusionato e poetico The Darjeeling Limited, dove la vediamo senza veli e disarmantemente erotica nel corto che precede il film (Hotel Chevalier), e sarà disinibita e "selvaggia" in My Bluberry Nights di Wong Kar-Wai. Ma il suo vero capolavoro, il ruolo (per ora) della vita, glielo regala James McTeague nel suo visionario e dolente V per Vendetta, un anatema potente, simbolico e malinconico contro ogni forma di totalitarismo e prevaricazione. Natalie interpreta Evie, giovane donna che viene rapita e imprigionata dal cospiratore V, e che nella detenzione troverà il modo di aprire gli occhi e rendersi conto della terribile dittatura perpetuata dal Governo Mondiale. La sua immagine smagrita, sofferente, terrorizzata, con la testa rasata a zero e le spalline ossute in bella evidenza faranno innamorare milioni di fans, decretandola stella di prima grandezza.
Natalie Portman è nata a Gerusalemme, e non ha mai rinnegato le sue origini israeliane (impegnandosi spesso, anzi, in prima persona contro il conflitto israelo-palestinese). Ragazza estremamente intelligente e colta, parla correttamente ebraico, francese, tedesco e giapponese. Da sempre attenta ai ruoli da interpretare, sceglie sempre parti positive e edificanti, rifiutando quelle troppo "pruriginose", in linea con i suoi princìpi e il suo modo di essere. Per questo non abbiamo potuta vederla in Lolita di Adrian Lyne, in Tempesta di ghiaccio di Ang Lee, ne L'uomo che sussurrava ai cavalli di Robert Redford... nel frattempo però ha trovato il tempo di laurearsi in psicologia e conseguire il prestigioso "Stagedoor Manor Performing Arts Camps" ad Harward, una specie di Laurea in recitazione.
Tutto sommato non male per una ragazza non ancora trentenne...