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Amori stregati, di tahar ben jelloun

Creato il 09 febbraio 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Claudia Boddi

Romanziere, giornalista e poeta, Tahar Ben Jelloun vive attualmente a Parigi ma nasce a Fès. Della città araba che gli dà i natali porta con sé significative contaminazioni che si ritrovano nella sua poetica e nel suo modo di scrivere prosa: troviamo infatti odori, colori e atmosfere marocchine sullo sfondo di “Amori stregati” (Bompiani, 2003) e di molte altre sue produzioni. Scrittore decisamente prolifero, ha al suo attivo anche opere che trattano temi sociali e di attualità, come: “Il razzismo spiegato a mia figlia”, 1998 - premiato per il profondo messaggio contenuto nel volume dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, con il Global Tolerance Award-; “La scuola o la scarpa”, 2000; “L’islam spiegato ai nostri figli”, 2001 pubblicati da Bompiani e “L’amicizia”, 1994; “L’albergo dei poveri”, 1999 (per citare solo quelli che preferisco) editi invece da Einaudi.

AMORI STREGATI, DI TAHAR BEN JELLOUN

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“Amori stregati” è un libro sui generis: non è il classico romanzo cui siamo abituati a rapportarci, che scorre sul filo di una più o meno rapida e lineare progressione cronologica, con un parco di personaggi definito che può più o meno arrircchirsi e modificarsi durante il cammino della lettura. Al contrario, Ben Jelloun presenta l’opera suddivisa in quattro parti, con ognuna che ha per titolo il sentimento o l’evento relazionale che verrà prevalentemente affrontato al suo interno. Quindi avremo la parte prima che si chiamerà Amori stregati, la seconda Amori contrariati, la terza Tradimento, e la quarta Amicizia. Ogni “capitolo” – anche se l’uso del termine è improprio – contiene alcuni racconti, che si dipanano in modo insolito e affascinante e che descrivono storie di amori, amicizia, tradimento, solidarietà umana, sofferenza e molti altri stati d’animo che possono appartenere ad ogni individuo nel corso della sua esistenza. Il tutto condito da un sottofondo arabeggiante che, in certi passaggi, può risultare addirittura tangibile per chi legge. Parte integrante di alcuni strati della cultura marocchina e, specificatamente, della città dalla quale l’autore proviene, il tema della stregoneria e i suoi effetti sulla vita quotidiana e sui valori e i destini di chi ne è toccato. Che, per esempio, le case abbiano un’anima, un passato e delle proiezioni sul presente e su chi le abita non è certo un tema nuovo in letteratura: tra gli altri, Isabel Allende con “La casa degli spiriti” ce lo testimonia egregiamente e Tahar Ben Jelloun ce lo ripropone con il sapore speziato degli incontri nordafricani che si consumano tra i personaggi della sua opera. Il clima caldo umido, le città rumorose e colorate, piene di polvere e di arrivismo sociale, ci accompagnano mentre il Marocco fa bella mostra di sé sulle pagine di “Amori stregati”, con la magia dell’ambiente circostante e  le presenze, materiali o immateriali, che lo popolano.

Io non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente, di fiori detti pensieri, di rose dette presenze, di sogni che abitino gli alberi, di canzoni che facciano danzare le statue, di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti… Ho bisogno di poesia, di questa magia che brucia la pesantezza delle parole, che risveglia le emozioni e dà loro colori nuovi.”

Premiato anche nel 2002 con la Medaglia del Senato della Repubblica Italiana dal Centro Pio Manzù – l’organismo nazionale di ricerca, in status consultivo, sui temi di importanza fondamentale per il futuro dell’umanità -, Tahar Ben Jelloun rimane sicuramente un nome che è consigliabile incrociare almeno una volta nella propria vita di lettori.


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