di Michael Haneke (Austria/Francia/Germania, 2012)
con Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert
VOTO: ***/5
"La cosa più brutta della vecchiaia è il ricordo di quando si era giovani", faceva dire David Lynch al suo anziano protagonista in quel film magnifico che è Una storia vera. La stessa cosa la pensa Anne (Emmanuelle Riva) quando, ormai paralizzata e inferma, sfoglia i vecchi album di fotografie che ritraggono immagini della sua giovinezza perduta. E' l'unico momento di Amour dove, davvero, la commozione si ritaglia un po' di spazio in un film che, nel consueto stile Haneke, è tanto perfetto e rigoroso nella messinscena quanto glaciale e livido a livello emotivo.Certo, era impossibile aspettarsi da Haneke un qualcosa di diverso: il suo è da sempre un cinema disturbante, asettico, cupo, espressione di un mondo ingiusto e senza vie d'uscita. Ma se questi elementi facevano del suo film precedente, Il nastro bianco, un capolavoro di rigore storico e assoluto valore sociologico, in Amour le stesse caratteristiche 'spengono' un film che, fin dal titolo, vorrebbe essere una dichiarazione di amore estremo, totalizzante, tra due persone che si sono giurate fedeltà eterna e che invece la malattia costringe a separarsi.

Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva
Amour, banalmente, dovrebbe parlare di amore. Invece mostra solo sofferenza: per oltre due ore ci viene mostrato, senza omettere niente, il progressivo disfacimento fisico e mentale di una persona fino a pochi istanti prima capace di intendere, volere e, soprattutto, amare. Intendiamoci, non è che l'amore non sia presente in questo film: la dedizione e l'affetto che il marito Georges (Jean-Louis Trintignant) dedica all'amata consorte sono struggenti. Ma Haneke anzichè far uscire un solo vagìto di speranza e commozione dalla camera-prigione in cui è rinchiusa Anne, indugia ossessivamente sui macabri rituali che la allontanano progressivamente dal marito: infermiere più o meno insensibili, stanchi e inutili esercizi di riabilitazione, pasti non consumati, medicine sul comodino, piaghe da decubito...
Isabelle Huppert
Con questo non voglio dire che il regista speculi sul dolore, questo no. Del resto già il prologo del film, ancora prima dei titoli di testa, mette le cose in chiaro su quello che vedremo da lì in poi. Però Haneke ha la pretesa, insensata, di volerci 'sorprendere' con drammi che ognuno di noi, più o meno direttamente, almeno una volta nella vita ha vissuto sulla propria pelle. Amour non ci racconta niente di nuovo, e nemmeno la straordinarie interpretazioni dei due attori protagonisti bastano a farci amare (perlappunto) un film stilisticamente perfetto ma, al solito, gelido e cinico verso lo spettatore.