Amour, quando il cinema è un atto di violenza

Creato il 23 ottobre 2012 da Persogiadisuo

AMOUR  di Michael Haneke, Francia/ Austria, 2012 con Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert

 Se ti piace guarda anche: La pianista, Il nastro bianco TRAMA Due amabili e amorevoli vecchietti conducono una vita serena e tranquilla, finché lei non viene colpita da una malattia che le farà perdere progressivamente ogni possibilità di muoversi e comunicare. Lui la assiste amorevolmente, molto meglio di quanto faccia l’infermiera, assistendo impotente al deperimento fisico e mentale della persona amata.
RECENSIONE Haneke, dopo aver dipinto il male nascosto in un villaggio rurale dell’Europa pre-fascista in Il Nastro bianco, vincitore della Palma d’oro a Cannes nel 2009, torna ai giorni nostri per raccontare il male che annienta il corpo e anche questa volta si aggiudica l’ambitissimo premio.
Questa volta l’esplorazione del male avviene tramite l’incursione nel mondo della vecchiaia e della malattia, due universi che l’uomo moderno e di conseguenza il cinema cercano di fuggire, mostrandoci ciò che nessuno vorrebbe vedere. Il regista resta dunque fedelissimo al suo cinema, in cui si cerca sempre di porre lo spettatore in un condizioni di disagio. Questa volta però tra spettatore e protagonista c’è un’empatia particolare, in quanto entrambi assistono impotenti allo stesso straziante spettacolo e così  questa volta l'usuale sadico voyeurismo è giustificato con le cure del personaggio maschile e si arriva perfino a impacchettare il tutto con il titolo “Amour”, anche se forse “Agonia”,“Malattia” o “Vecchiaia” erano molto più consoni, benché meno allettanti.
A livello narrativo Amour si limita a registrare una storia lineare senza nulla di coinvolgente e il tentativo di inserire un elemento lirico nella prevedibile trama si rivela solamente ridicolo (gli episodi col piccione non sono commentabili). Ciò dispiace perché il film inizia in modo superbo descrivendo questa coppia di ottuagenari deliziosi che si prendono cura uno dell’altra in modo commovente. Purtroppo la protagonista femminile muterà velocemente lasciando il film ai silenzi di Trintignant e ai lamenti insostenibili della Riva, che offre anima e corpo con una generosità quasi insopportabile ma meritevole di ogni riconoscimento.  Così non è stato: si è preferito premiare l' inferiore (ma comunque ottima) interpretazione di Jean-Louis Trintignant. In ogni caso per ogni cinefilo è emozionante vedere insieme queste due icone della Nouvelle vague, lui protagonista di Piace a troppi (Et Dieu crea la femme, 1957) di Roger Vadim e lei di Hiroshima mon amour, 1959, di Alain Resnais. Ma per il resto, il film è una lunghissima e insostenibile esibizione della sofferenza umana, crudele spettacolo a cui tutti purtroppo siamo stati o saremo spettatori, anche senza pagare un biglietto del cinema.  In conclusione, come la maggior parte di film di Haneke, lo spettatore che entra nel cinema ha la consapevolezza di assistere a uno spettacolo doloroso e insopportabile. Prendere o lasciare.
VOTO: 6-

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