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 ROMANCE PARK Benvenute a Romance...

Creato il 12 maggio 2010 da Isn't It Romantic?

Benvenute a Romance Park, il luogo dove ogni scrittrice ha la possibilità di presentare i propri lavori al pubblico!

 ROMANCE PARK Benvenute a Romance...


L'estratto di questa settimana si intitola "DESTINI INCROCIATI", e il nick della sua autrice è CATY ROSE. ATTENZIONE, si tratta di nomi di fantasia, che usiamo solo per distinguere i vari estratti tra di loro: il nome dell'autrice non è questo, ed il titolo finale del libro sarà diverso.
Vi ricordiamo le REGOLE DI ROMANCE PARK ( potrete trovare maggiori dettagli qui: http://romancebooks.splinder.com/post/20213710 ) :
-- sia le lettrici che le bloggers potranno votare l'estratto con un punteggio da 1 a 10, e naturalmente commentarlo;
-- se la scrittrice lo desidera (non è obbligatorio), può rispondere ai commenti e alle domande – ma lo farà sempre usando il nick;
-- tra una settimana esatta, chiuderemo il sondaggio, e la scrittrice scoprirà che voto le è stato dato dal pubblico.
-- IMPORTANTE: la scrittrice non rivelerà la propria identità a nessuno, né prima, né durante, né dopo il sondaggio. Le bloggers che hanno collaborato con lei alla preparazione del post (cioè Naan e MarchRose) faranno altrettanto, sia nei confronti delle altre bloggers che delle lettrici, e per correttezza si asterranno dal commentare.
 

DESTINI INCROCIATI
di Caty Rose
Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.

Abrahm Darby ha giurato di vendicare la morte del fratello di cui si ritiene responsabile. Durante le sue ricerche incontra una strana donna che inizialmente gli sembra decisa a suicidarsi e che poi invece pare avere dei piani precisi che non includono assolutamente una dipartita prematura.


 ROMANCE PARK Benvenute a Romance...
Cavalcava oramai da un’ora quando udì il fragore dell’acqua. Il fiume era stato ingrossato dai violenti acquazzoni dei giorni precedenti. Il terreno era costellato di piccole pozze lucenti, Abrahm abbassò lo sguardo su una di esse e vide riflessa la sua immagine, per un istante rimase a contemplare il suo volto duro.
Era stanco, mortalmente stanco e tuttavia incapace di riposare. Sollevò una mano e se la passò sul viso, strofinandosi il mento e la barba ispida. Lentamente la sua espressione si rilassò e gli occhi divennero freddi e tranquilli.
Non riusciva ad accettare la stanchezza che in alcuni momenti gli intorpidiva la mente lasciandolo esausto. Nemmeno in Francia tra le mura della prigione, dove l’unica cosa che poteva fare era incidere nelle pareti di pietra il proprio nome e grado per non dimenticare chi fosse, si era sentito tanto privo di speranza.
Allungò la mano e accarezzò il muso del cavallo.
Sembrava che fosse trascorsa un’eternità da allora, e i problemi che aveva affrontato, i morti che si era lasciato alle spalle, non erano altro che facce confuse negli incubi che popolavano le sue notti.
Solo che adesso tra loro, vi era anche il volto di suo fratello.
Scacciò il dolore che lo aveva assalito all’improvviso, traditore come solo il rimorso sapeva essere, e convogliò tutte le sue energie nell’immaginare la soddisfazione che gli avrebbe dato la vendetta.
Doveva trovare l’Ombra, quel dannato traditore, e ucciderlo. Dopo avrebbe avuto tutto il tempo che gli rimaneva da vivere per riposarsi. Ma solo allora. Non un miserabile momento prima.
Scosse la testa e riprese il cammino dirigendosi verso il fragore dell’acqua. L’odore del fango e dell’umidità penetrava dentro di lui forte e persistente e mentre si avvicinava al fiume, il rumore della corrente diventava sempre più forte.
Deve essere il punto d’incontro dei due fiumi, pensò avvicinandosi al limitare del bosco. Scostò lentamente i rami con la mano e voltò la testa verso l’argine alla sua destra. Una sagoma nera di esigue dimensioni pareva interrompere il verde della foresta e l’azzurro cupo del cielo. In quel contesto quasi perfetto, quella figura sparuta appariva strana, quasi inopportuna.
Il respiro si bloccò nella gola. Spalancò gli occhi e fermò il cavallo.
Improvvisamente comprese che si trattava di una donna, e che chiunque fosse era dannatamente vicina al precipizio. Di spalle, con la testa china rivolta verso il fiume, la donna sembrava oscillare dolcemente, come la sua gonna in balia del vento.
Abrahm strinse la mascella ignorando la tentazione di urlarle un avvertimento.
In quel particolare tratto le acque del fiume erano incanalate in una gola naturale di roccia, le pareti dell’invaso erano alte una ventina di metri e l’acqua defluiva a una velocità terrificante. Nessuna creatura uomo o animale che fosse, avrebbe avuto via di scampo cadendo in quel punto preciso.
La donna sembrava incerta, come se stesse riflettendo sul da farsi. Si piegava in avanti poi si ritraeva, si sfregava le braccia lentamente, nel tentativo di scaldarsi.
Per un momento fu tentato di tirare dritto. Se quella donna voleva mettere fine alla sua vita, chi era lui per opporsi? Al diavolo! Imprecò. Se voleva davvero fare un salto in quell’inferno di acqua e fango, nessuno avrebbe potuto fermarla. Alla fine ognuno era libero di morire come meglio credeva. Si guardò attorno e poi afferrò le redini. Non era affar suo, su quello non c’era alcun dubbio. La donna finalmente parve ritornare sulle sue decisioni e indietreggiò per un lungo tratto. Abrahm la guardò ancora per un istante, poi incitò il cavallo a proseguire per la sua strada. Aveva fatto giusto qualche decina di metri quando voltandosi, la vide camminare nuovamente verso il bordo del canale.
Maledette tutte le donne e la loro incertezza, imprecò tra i denti.
Il lento avanzare della figuretta verso il ciglio del dirupo e il successivo ritrarsi sembrava una sorta di danza macabra. Quell’esitazione, quasi fosse ancora tutto da decidere, tuttavia lo incuriosì.
Scese lentamente da cavallo e lasciò le redini libere senza distogliere lo sguardo dalla donna, come se lei potesse approfittasse della sua disattenzione per lanciarsi nel vuoto.
Lentamente, con molta cautela, si portò alle sue spalle.
Ma era ancora lontano. Troppo lontano per riuscire ad afferrarla.
Lei ora era immobile, ferma sull’orlo dello strapiombo.
La sua gonna continuava a ondeggiare dolcemente, sollevata dalla brezza che pareva giocare con la seta leggera. Abrahm aggrottò la fronte poi la esaminò velocemente.
È piuttosto piccola, non dovrei avere problemi, pensò.
Stabilì velocemente la distanza tra loro. Ancora troppa… Per essere certo di afferrarla doveva avanzare ancora un po’. Si guardò attorno ancora un istante. Voleva avere una visione più precisa della situazione prima di agire.
Con due passi rapidi e silenziosi le andò alle spalle, giusto a qualche metro dietro di lei. L’acqua satura di fango ribolliva e s’infrangeva sugli argini, i rami cozzavano contro i detriti e il fragore della corrente era quasi assordante.
Doveva sbrigarsi. Socchiuse gli occhi e dominò l’urgenza di afferrarla e mettere fine una buona volta a quella situazione che gli aveva già portato via troppo tempo.
Sentiva distintamente l’aria impregnata di un cupo odore di terra e muschio. Le sottili goccioline della condensa gli penetrarono nella gola aumentando vertiginosamente la sensazione del pericolo.
Lanciò una breve occhiata al fiume.
A occhio e croce saranno una ventina di metri, se non la uccide il volo, ci penserà la corrente.
Lentamente si avvicinò ancora di qualche passo e allungò il braccio.
Ancora pochi istanti e l’avrebbe avuta tra le mani.
Era fatta ormai! 
Improvvisamente lei si chinò in avanti, sollevò le gonne e con un piccolo saltò scomparve oltre il precipizio.
Abrahm guardò incredulo l’argine vuoto, mentre il cuore sembrò cessare i suoi battiti sentì il sangue gelarsi nelle vene. In un secondo stabilì con chiarezza che l’unica cosa che gli importasse veramente in quel momento era che quella donna non morisse.
Dannazione, non in quel modo, non davanti al suo naso!
Che io sia dannato se ti faccio morire così maledetta donna, pensò mentre si strappava gli stivali e la giacca, precipitandosi poi sull’orlo dello strapiombo. La paura di dover assistere impotente a un’altra morte, lo rendeva quasi pazzo di rabbia. Il sangue rombava nelle vene scorrendo veloce, come il suo furore.
Doveva ripescare la donna a qualsiasi costo, e poi uscire dall’acqua tutto intero. Non sarebbe stato facile.
Maledizione, non lo sarebbe stato per niente.
Unì le braccia per lanciarsi nel vuoto e con la punta dei piedi oltre il precipizio la vide chiaramente sotto di lui.
Spalancò gli occhi, sbalordito.
Lei era lì, poco al disotto dei suoi piedi, accovacciata su un gradino di roccia, sporca di fango e perfettamente incolume.
Il sollievo di vederla illesa fu sopraffatto subito dal desiderio di scrollarla fino a farle entrare un po’ di buon senso in quella testa vuota, invece si limitò a inspirare profondamente, cercando di calmare il battito furioso del cuore.
Un istante dopo sollevò la testa e guardò il cielo, scuro come il suo umore.
Dannazione quella giornata cominciava veramente male, peggio del solito.
Il suo sguardo seguì il corso del fiume che si precipitava spumeggiante nella vallata, lo stesso fiume che passava nei pressi del castello.
Se si fosse affrettato, poteva ancora perlustrare il tratto che gli interessava fino al guado più a valle. Il destino della donna in fondo non lo riguardava. Continuò a inspirare cercando di recuperare la calma, ma la tentazione di afferrarla ai capelli e di sollevarla era troppo allettante.
Guardò nuovamente la donna e si chiese cosa diavolo dovesse fare con lei.
Per un istante pensò di lasciarla lì, con le vesti immerse nel fango. L’acqua del fiume nel frattempo era salita ancora. Tra qualche minuto l’avrebbe raggiunta e allora sarebbe morta. Sospirò, poi allungò una mano, fu allora che vide una specie di disegno sul terreno, quasi un tracciato, e in mezzo al fango la donna continuava freneticamente a cercare qualcosa rovistando il terreno con le mani.
S’inchinò in modo da essere pronto in ogni evenienza e osservò attentamente il lavoro di quella strana donna, che china su un’ansa del terreno, rischiava di essere travolta dalla piena.
Si chiede che diavolo ci fosse nascosto di così prezioso in quel buco, da rischiare la propria vita pur di riuscire ad averla.

 


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