Sostanze impiegate per le pulizie domestiche potrebbero facilitare gli studi di genetica. E far risparmiare, a paesi come gli Stati Uniti, qualcosa come 37 milioni di dollari all’anno. È la scoperta effettuata da due ricercatori del John Hopkins Kimmel Cancer Center di Baltimora, in USA. Gli esperti hanno verificato che, tra i comuni principi attivi utilizzati per produrre i detersivi, sussistono molecole che possono essere sfruttate efficacemente anche nel campo delle analisi del DNA. Un composto su tutti ha dimostrato la sua validità: il borato di sodio. Come avviene tutto ciò? Per le analisi del DNA ci si serve del fenomeno dell’elettroforesi. Con esso le particelle colloidali o gli ioni macromolecolari dotati di carica elettrica si muovono sotto l’influenza di un campo elettrico. La differenza tra la velocità di migrazione delle varie particelle fornisce ai ricercatori un metodo utile per l’analisi e la separazione di sostanze altrimenti difficilmente frazionabili. Oltre all’analisi del DNA si attuano i processi di elettroforesi per studiare le proteine del siero del sangue e i polisaccaridi. Attualmente la pratica di elettroforesi più diffusa è quella che si basa sulla cosiddetta “fase stabilizzata”: un procedimento che consiste nell’applicazione di membrane di acetato di cellulosa, coadiuvate da gel d’agar o gel d’amido. Ma il nuovo metodo americano risulta molto più redditizio, poiché si giunge prima al risultato: si hanno prima notizie sulle caratteristiche di un determinato acido nucleico. In particolare, se si utilizza il borato di sodio, la velocità di elettroforesi è cinque volte maggiore rispetto ai sistemi tradizionali.
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Sostanze impiegate per le pulizie domestiche potrebbero facilitare gli studi di genetica. E far risparmiare, a paesi come gli Stati Uniti, qualcosa come 37 milioni di dollari all’anno. È la scoperta effettuata da due ricercatori del John Hopkins Kimmel Cancer Center di Baltimora, in USA. Gli esperti hanno verificato che, tra i comuni principi attivi utilizzati per produrre i detersivi, sussistono molecole che possono essere sfruttate efficacemente anche nel campo delle analisi del DNA. Un composto su tutti ha dimostrato la sua validità: il borato di sodio. Come avviene tutto ciò? Per le analisi del DNA ci si serve del fenomeno dell’elettroforesi. Con esso le particelle colloidali o gli ioni macromolecolari dotati di carica elettrica si muovono sotto l’influenza di un campo elettrico. La differenza tra la velocità di migrazione delle varie particelle fornisce ai ricercatori un metodo utile per l’analisi e la separazione di sostanze altrimenti difficilmente frazionabili. Oltre all’analisi del DNA si attuano i processi di elettroforesi per studiare le proteine del siero del sangue e i polisaccaridi. Attualmente la pratica di elettroforesi più diffusa è quella che si basa sulla cosiddetta “fase stabilizzata”: un procedimento che consiste nell’applicazione di membrane di acetato di cellulosa, coadiuvate da gel d’agar o gel d’amido. Ma il nuovo metodo americano risulta molto più redditizio, poiché si giunge prima al risultato: si hanno prima notizie sulle caratteristiche di un determinato acido nucleico. In particolare, se si utilizza il borato di sodio, la velocità di elettroforesi è cinque volte maggiore rispetto ai sistemi tradizionali.
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