Il 12 maggio scorso, come noto, Facebook ha dato seguito alle indiscrezioni che erano trapelate nell’ultimo mese lanciando Instant Articles.
L’iniziativa, seppure di per se stessa non rappresenti nulla di straordinariamente innovativo poiché da sempre vi è intermediazione della distribuzione dei contenuti sia nel mondo editoriale che in altri mercati/segmenti, ha fatto molto rumore con Petabyte in Rete tra chi si schiera a favore e chi contro il sodalizio tra Facebook ed alcuni editori.
La ricerca su Google di Instant Articles infatti restituisce, al momento della redazione di questo articolo, ben 305 milioni di risultati. Tra tutti segnalo Notes on the Surrender at Menlo Park e la visione del Media/Marketing Bureau Chief del Wall Street Journal sul tema.
Per provare a valutare nella maniera più serena ed oggettiva ho fatto la matrice swot, dal punto di vista degli editori, dell’iniziativa.
Tra gli elementi interni nell’area dei punti di forza ho individuato la capacità di generare contenuti di attualità rilevanti che hanno un’ampia diffusione, come ben sa chiunque abbia gestito la pagina Facebook di un quotidiano e come, altrettanto, risaputo da Zuck & Co che altrimenti non si sarebbero spinti ad offrire il 100% delle revenues pubblicitarie.
Sempre a livello di elementi interni, le debolezze sono l’assenza di un modello di business e le difficoltà che questo comporta anche in termini di ricerca di “scorciatoie” pur di ottenere ricavi, una complessiva scarsa capacità di innovare, un’organizzazione del lavoro settoriale, frammentata, a due teste e la necessità di nuove professionalità, assenti per quanto riguarda specificatamente la realtà italiana.
Le opportunità sono rappresentate da un potenziale ampliamento dell’audience, dall’annullamento dei costi di sviluppo, dal fornire un’esperienza di lettura migliore, dalla generazione di ricavi supplementari rispetto alla situazione attuale e dalla cessazione, finalmente, del click baiting poiché si è meno concentrati sulla necessità di generare click, traffico, al sito.
Le minacce invece sono su proprietà e gestione dei dati, nella migliore delle ipotesi mediata da Facebook, dal rischio del delegare ipso facto tutta l’area del mobile advertising, da un potenziale appiattimento, perdita ulteriore d’identità del brand, da un potere negoziale che è sfavorevole agli editori, dalla costruzione, dal favorire una Rete “Facebook– centrica” e dall’essere soggetti agli standard di Facebook.
A questi elementi si aggiunga che Instant Articles non è una soluzione che crea engagement, che favorisce la relazione tra testate e pubblico ma solo una ulteriore forma di distribuzione dei contenuti, che esiste la concreta possibilità, per restare alle testate che hanno aderito alla fase pilota, che il meme di Buzzfeed sia sullo stesso piano dell’articolo del National Geographic o del NYTimes e, non ultimo, che gli investitori per comprare gli ads devono comunque acquistare anche gli ads mobile di Facebook, un ulteriore vincolo da non trascurare in termini di appeal della proposta.
Anche ponderando il peso di ciascuna variabile ed assegnando un peso specifico maggiore alle opportunità presenti, non mi pare che sussistano i presupposti per aderire alla proposta di Facebook, ad Instant Articles. Come consulente sconsiglierei caldamente di farlo.
Bonus track i dati su come sono andati gli articoli del primo giorno