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“Anamorph”

Creato il 04 agosto 2010 da Cinemaleo

2007: Anamorph di Henry Miller

“Anamorph”
“Anamorph”
“Anamorph”

…ovvero come prendere in giro il pubblico.

 

Visivamente e stilisticamente molto curato (il modello ispiratore è Seven) un thriller che apparentemente sembra voglia dire qualcosa di nuovo e di diverso. All’inizio il racconto è intrigante e offre più di uno spunto d’interesse (anche perché tratta temi «colti» come la prospettiva in pittura) ma ben presto diventa sempre più sconclusionato, improbabile, assurdo. Comportamenti e situazioni non motivati, scene ripetitive e allungate a dismisura che contribuiscono a rallentare il ritmo già di per sé non molto brillante, personaggi secondari scarsamente approfonditi e del tutto superflui, recitazione poco convinta da parte dell’intero cast… Ma la cosa più grave e che ti fa chiedere cosa avessero in mente regista e sceneggiatori è che si arriva alla fine del film senza una spiegazione del perché i delitti siano stati commessi e proprio in quel modo. Un thriller che non spiega nulla di quanto è accaduto è una vera e propria presa per i fondelli, un atto di tradimento nei confronti del pubblico che avverte di aver sprecato il proprio tempo. Il titolo fa riferimento a un particolare effetto di illusione ottica che Wikipedia così definisce: “una immagine viene proiettata sul piano in modo distorto, rendendo il soggetto originale riconoscibile solamente guardando l’immagine da una posizione precisa (anamorfosi: dal greco ἀναμόρϕωσις, composto di ana- e mórfosis= forma ricostruita)”. Afferma un personaggio del film: “L’anamorfosi sovverte il piano visivo e ci ricorda che c’è sempre un’altra angolazione”. Ci si aspetterebbe quindi che la trama di Anamorph si basi sull’idea che la verità può avere diversi punti di vista o che non esiste una verità unica… ma nulla di tutto ciò appare in questo vero e proprio pasticcio il cui finale (frettoloso al massimo) costituisce la parte più debole e lacunosa.

Da condividere in pieno quanto scrive Dario Carta: il film si caratterizza per “un decorso statico della narrazione e una mancanza di respiro emotivo, costretto a cedere la scena ad un’indagine intimistica alla fine noiosa ed irritante. La fluidità narrativa è afflitta dai reiterati flashback e dalle fermate psicologiche a scapito del racconto, che si strama in brandelli di episodi scuciti fra loro in un tessuto espositivo pieno di buchi, con la storia che fluttua inespressa e privata di ogni senso del mistero”.

Ottimo mi sembra poi il giudizio di Cineblog.it:Non è possibile portare lo spettatore in una storia simile e poi lasciarlo vagare come un bimbo in un labirinto proponendogli dialoghi improbabili e inquadrature farraginose. Perché il film invece di rispondere alle nostre domande ne crea di nuove senza dare soluzioni? Perché questo thriller su un serial killer non riesce ad avere spiegazioni “logiche”? E della fine vogliamo parlare? Qualcuno riesce a spiegarmela? Nulla da eccepire sull’interpretazione di Willem Dafoe (da sempre ottima faccia da e per il cinema tormentato…) ma, ragazzi miei, lui avrà capito qualcosa del film?.

Giusto flop al botteghino americano, il secondo lungometraggio di Henry Miller in Italia è uscito con due anni di ritardo e per brevissimo tempo.

p.s.

La cosa migliore del film sono i titoli di testa, originali e intriganti nel loro evocare una visione immaginifica deformata.

scheda

 


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