CinemaMania
le pellicole che – dicono – stanno sbancando al botteghino
Anarchia
Titolo: “The Purge: Anarchy”
Regia: James DeMonaco
Sceneggiatura: James DeMonaco
Genere: Horror, distopico
Durata: 1o3 minuti
Interpreti:
Frank Grillo: Leo Barnes,
Carmen Ejogo: Eva,
Zac Gilford: Shane,
Nelle sale italiane dal: 23 luglio 2014
Trama: Nell’America di un vicino futuro, per un giorno all’anno, detto “lo Sfogo”, è consentito compiere ogni genere di crimine senza conseguenze. Durante lo Sfogo, il Paese si divide tra chi decide di barricarsi in casa e chi scende per le strade per “liberare la bestia”. Eva e sua figlia si ritrovano per le strade e tentano di superare – come possono – la notte più violenta dell’anno.
di Jacopo Giunchi
“Il giorno del giudizio”, l’interessante horror distopico uscito lo scorso anno, era riuscito, nonostante il budget ristretto, a ottenere un buon successo; così la Universal ha deciso di accordare a DeMonaco maggiori fondi per questo sequel. “Anarchia” poggia sulla stessa idea fondamentale e può essere visto come lo “sfogo” del regista, che realizza tutto ciò che non era stato possibile realizzare con i mezzi limitati del film precedente.
Se il primo film insisteva sulle atmosfere claustrofobiche, consumando l’orrore all’interno di un’abitazione, in questo seguito avviene l’esatto opposto: l’azione segue un manipolo di personaggi costrette ad affrontare le strade durante lo Sfogo. Il film si sviluppa, quindi, lungo i binari dell’inseguimento al fulmicotone che mostra la metropoli selvaggiamente trasfigurata dall’assenza di regole. La strada diviene l’habitat della bestia che alberga dentro ogni uomo e i protagonisti partecipano, sia da prede che da osservatori, a un grottesco safari della violenza istituzionalizzata. Le differenze tra i due film non si riducono, però, alla prevalenza di interni o esterni.
L’interesse suscitato da “Il giorno del giudizio” non risiedeva tanto nelle soluzioni filmiche, modeste e già viste, quanto nel suo sistema di significazione allegorico. La pellicola conteneva una critica alla civiltà dei consumi e alle valvole di sfogo sociali, che le conferiva uno spessore maggiore rispetto ai soliti film di cassetta. Si trattava di un film che riusciva a dire qualcosa nonostante i mezzi limitati. In “Anarchia” avviene l’esatto opposto: a fronte di un arricchimento tecnico corrisponde un impoverimento dei contenuti. Lo sviluppo dell’idea di base stavolta è tutto interno al mondo finzionale e non rimanda a una realtà con cui confrontarsi, ma esplora gli scenari che la deviazione distopica potrebbe originare. Non si insinua nessun dubbio inquietante, non si presenta nessun dilemma etico o esistenziale, non si raffigura nessuna trasfigurazione iperbolica del mondo e della società; semplicemente, si attribuisce all’umanità una perfidia così finta da scadere nel completo no-sense. Il giorno dello Sfogo le strade si riempiono di improbabili vigilantes e l’alta società organizza eccidi mondani, come se l’umanità tutta (o perlomeno l’America) vivesse covando segretamente il desiderio di massacrare persone a caso. Gli autori non dimenticano, però, di raffazzonare una critica sociale costituita dall’organizzazione di ribelli: anche qui la loro funzione corrisponde a una logica puramente interna e non veicolano nessun significato oltre a quello della loro esplicita e volgare retorica (oltretutto anacronisticamente modellata su quella degli attivisti afroamericani).
La situazione avrebbe consentito a un regista più creativo di mostrare scene interessanti, ma in mano a DeMonaco tutto si appiattisce nella convenzionalità più prevedibile, senza che nessuna scena riesca ad avere un impatto. Gli stilemi sono quelli già collaudati (o, meglio, usurati) del survival action horror, con tanto di action-man invincibile che guida il gruppetto di personaggi più o meno inutili. Sullo sfondo, dietrologie dal gusto complottista, con cattivi che organizzano tutto nell’ombra (ma neanche tanto) e spiegone finale per chi fosse arrivato in fondo senza capire il grande mistero rivelato più volte durante il film. Nemmeno il finale, però, getta luce sulla ragion d’essere di tutto il perverso sistema distopico, che probabilmente è da ricercarsi, ancora una volta, nei meandri del no-sense.