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Anatomia del capro espiatorio

Creato il 21 giugno 2012 da Faustodesiderio

In Italia non serve risolvere problemi perché è più facile e utile trovare il capro espiatorio al quale addossare tutte le colpe e le responsabilità altrui che sono all’origine degli annosi problemi mai risolti. Il capro espiatorio di oggi si chiama Elsa Fornero. La professoressa diventata ministro del Lavoro per provare a mettere mano in una materia così spinosa che mai nessuno, né a destra né a sinistra, ha avuto mai il coraggio di affrontare sembra fatta apposta per essere il capro espiatorio perfetto. Sarà perché alla sua prima apparizione pubblica al fianco di Mario Monti non ci fece mancare le lacrimucce, sarà perché successivamente ha tirato fuori le unghie, sarà perché ha mostrato di sapere il fatto suo con la riforma delle pensioni, sarà perché qualche pasticcio deve averlo fatto con la storia dei lavoratori che sono ex senza essere pensionati e sono in quel limbo dantesco “tra color che son sospesi” senza beccare più un soldo, sarà quel che sarà, fatto sta che quelli che hanno effettivamente creato lo storico problema – vale a dire il Pdl, il Pd e la Lega – l’hanno individuata come la vittima designata sulla quale rovesciare venti anni di omissioni, rinvii, finzioni. La Fornero si dà da fare, si difende, lotta, replica, ribatte colpo su colpo ma non sa – forse immagina – che davanti a sé non ha semplici avversari o controparti ma nientemeno che il risultato sociale della politica della Seconda Repubblica e lei è stata chiamata a pagarne il conto con la sua stessa persona.

Non so se avete sentito quanto ha detto Dario Franceschini. Come solo lui sa fare, ha pronunciato una delle sue solite frasi storiche che non passerà alla storia positiva dell’Italia del XXI secolo ma è comunque significativa per capire i dettagli. All’ultimo incontro con il ministro Fornero per trovare una soluzione possibile per gli esodati è stato Piero Giarda a perdere la pazienza e a farsi fuggire questo pensiero: «Non si può chiedere al governo di risolvere un problema in tre giorni». Effettivamente, forse, ce ne vorrà qualcuno in più. Ma ciò che più conta è lo scatto di Franceschini che, come un personaggio dei suoi romanzi, ha la battuta pronta e dice: «Ma se avete avuto sette mesi!». Capito? Dopo venti anni di governi un po’ di qua e un po’ di là in cui mai nessuno è riuscito a combinare niente di niente sul lavoro e la sua fondamentale riforma ecco che proprio un rappresentante di quei governi è oggi legittimato a dire al governo in carica «ma se avete avuto sette mesi». È proprio così che si sviluppano le cose italiane: i problemi non si risolvono, i problemi si accumulano. E quando il cumulo è diventato così grande, che è ormai chiaro che bisogna tagliare la corda se non si vuole rimanere schiacciati lì sotto, si chiama un estraneo o un coraggioso che non si tira indietro rispetto ai doveri del momento e alla sua prima difficoltà gli si scarica addosso tutto il peso di quel cumulo creato negli anni e negli anni e negli anni, per dirla con Felice Caccamo. Perché se ci troviamo a questo punto non è di certo colpa della Fornero. Se ci troviamo con una mano avanti e una dietro è proprio perché durante gli anni formidabili e riformisti della Seconda Repubblica il lavoro è stato congelato. Anche i sindacati che oggi manifestano, praticano la nobile arte del comizio, se la prendono con “la Fornero”, anche loro non hanno mai voluto sentire ragioni e l’unica cosa che hanno fatto è stata la condanna ferma e forte del precariato e della flessibilità che è una delle cause della grande diffusione dei lavori precari. Anche per loro è venuta “la Fornero” che toglie i peccati del mondo sindacale e se li addossa lei.

E poi c’è la Lega. Mentre al Senato si accordano con il Pdl per rinviare il taglio dei parlamentari in nome – pensate un po’ – del Senato federale, alla Camera si scaglia come un sol uomo con “la Fornero” e così i leghisti espongono un cartello con su scritto «esodiamo la Fornero» mentre l’unica cosa che dovrebbero esodare – i parlamentari in sovrannumero – non li “esodano”. I leghisti hanno voluto precisare che la professoressa «non è all’altezza del compito» e per loro, che sono professoroni, «non è il ministro del Lavoro». La storia di questi anni, però, ci dice che al ministero del Lavoro è passato per non pochi anni proprio un leghista, quel Maroni che dopo essere transitato – anche con ottimi risultati, ma questa è perfino un’aggravante per quanto ora si dirà – alla guida del Viminale è passato armi e bagagli all’opposizione dura e pura fino al punto di disconoscere l’Imu (creatura leghista) e rifiutarne il pagamento. Le parole di Giampaolo Dozzo, presidente dei deputati leghisti, riassumono la filosofia del capro espiatorio in modo geometrico: «Contro Fornero abbiamo presentato una mozione di sfiducia individuale per i problemi da lei stessa creati e per l’incapacità di porvi un serio rimedio».

A Elsa Fornero va il mio personale pensiero e ringraziamento per il lavoro che, tra mille difficoltà, sta svolgendo come un dovere verso lo Stato e il suo Paese. Ma chi ha governato per venti anni secondo la regola del potere inutile vuole oggi che sia lei ad espiare le colpe di due decenni di dilettantismo. Non se ne faccia un cruccio e si consoli con il detto che solo l’ingratitudine umana supera la misericordia di Dio.

tratto da Liberal del 21 giugno 2012



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