Magazine Cultura

Anatomia dell'irrequietezza

Creato il 14 giugno 2010 da Giuseppe Melillo @giuseppemelillo
More about Anatomia dell'irrequietezza
Bruce Chatwin,  spiega il forte fascino che la vita dei nomadi esercita su di lui, parla di una "Alternativa Nomade". Il nomade è un uomo di fede, che medita in solitudine, che conosce l'importanza della musica, che ama la danza e i colori vivaci, l'arte nomade è intuitiva e irrazionale, anziché analitica e statica. L'uomo che se ne sta quieto in una stanza chiusa rischia d'impazzire, di essere tormentato da allucinazioni e introspezione. Monotonia e regolarità di impegni tessono una trama che produce fatica, disturbi nervosi, apatia, disgusto di sé e reazioni violente. Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini, il viaggio allarga la mente e le dà forma, l'evoluzione ci ha voluto viaggiatori.
Per Chatwin i pochi "popoli primitivi" sopravvissuti alla conquista delle "civiltà" sedentarie comprendono meglio di quest'ultime la semplice realtà della natura umana. Il moto è la migliore cura per la malinconia; la gente, quando si ostacolano i suoi movimenti, aderisce a rivoluzioni, al dio liberatore del nostro tempo, mentre i nomadi non guardano né a destra né a sinistra, i loro occhi sono incollati alla via che va oltre l'orizzonte.Tutte le civiltà "stanziali" sono, per loro stessa natura, orientate verso le cose, o come direbbe Giovanni Verga verso "la roba"; le cose hanno un loro modo di insinuarsi in ogni vita umana. Per Chatwin infine uno dei principali mali contemporanei è "l'horreur du domicile". “Anatomia dell'Irrequietezza” ci spiega già la nascita di “The Songlines”, un libro nomade, che per Chatwin sembra essere stata la ricerca di tutta una vita. Il testo si apre con l'incontro tra Bruce e Arkady Volchok, un cittadino australiano, di origine russa, il cui mestiere era quello di tradurre la legge tribale nel linguaggio della legge della corona, facendo da intermediario tra il Governo australiano e i proprietari Aborigeni delle terre. Quale miglior guida per Chatwin, deciso a cercare “Le Vie Dei Canti”, se non l'uomo che aveva il compito di identificare i proprietari tradizionali della terra, portandoli in giro, per i loro antichi terreni e rilevando quale roccia o pozzo fosse opera di un eroe del Tempo del Sogno? E' attraverso questa guida che Chatwin si addentra nell'affascinante filosofia degli Aborigeni e, per bocca dell'aborigeno Dan Flynn, mostra l'universo spirituale aborigeno. Il romanzo di Chatwin risulta affascinante, come affascinante può apparire la sua alternativa nomade. Questo scrittore ha sicuramente il merito di aver trasportato in un best seller europeo il fascino di un popolo sconosciuto a molti. Chatwin ebbe persino il fiuto di interpretare la futura fortuna che un modo di vivere così affascinante avrebbe avuto nella vecchia e sedentaria Europa con l’entrata delle tele degli artisti aborigeni nel circuito delle gallerie d'arte dei paesi occidentali. In tutto il testo si respira un'aria di grande rispetto nei confronti del popolo incontrato, nonostante la grande diffidenza da parte degli Aborigeni per il bianco, anglosassone, scrittore. Chatwin incarna il simbolo del moderno viaggiatore occidentale, ma, nella sua riscoperta della cultura aborigena, lo scrittore viaggia portando con sé tutte le barriere culturali del mondo da cui egli stesso proviene; tuttavia la descrizione di un popolo straniero mette in gioco la visione che l'autore ha della propria cultura e la maniera in cui egli vi si colloca, ossia la sua identità culturale. Il Nomadismo diventa un fenomeno che Chatwin propone come alternativa allo stile di vita stanziale. In quanto tale, dunque, la condizione nomade non verrà più necessariamente connotata in maniera negativa, essa diventerà una scelta di vita. In questa particolare visione del viaggio e in questa interpretazione in chiave positiva del nomadismo, la stanzialità non sarà più solo il simbolo della morte, ma arriverà a rappresentare la morte dello spirito. Senza rinnovare il proprio contatto con la terra, l'uomo non potrà che morire dentro. Ecco perché l'irrequietezza viene meglio spiegata, secondo Chatwin, da coloro che sono costretti in qualche modo all'immobilità. Il viaggio è fuga dalla realtà, e stavolta, più precisamente, davvero fuga dall'inquietudine del vivere. Da questo punto di vista il nomadismo assume un valore simbolico che non si limita al significato religioso o alla ricerca di certe verità che non sono rintracciabili nelle società stanziali: diventa un momento di crescita interiore, di esperienza e di maturazione. La spiegazione del nomadismo in questi termini, soprattutto nell'ultimo caso, quello cioè del viaggio come ricerca, implica un'ulteriore attribuzione di tematiche occidentali al mondo dell'altro. Lo stile di vita povero delle società nomadi fornisce, a chi proviene da una ricca società stanziale, l'illusione di un ritorno ad uno stile di vita, se non "primitivo", quantomeno "naturale". Chatwin ha comunque il merito di essersi avvicinato all’”altro”, di averlo conosciuto, e di aver spinto numerosi lettori del mondo occidentale a confrontarsi con il mondo del deserto. Appoggiamo vivamente il pensiero di Chatwin e vi invitiamo a leggere, in particolare, l”Alternativa Nomade”ne rimarrete soddisfatti.
INVITO ALLA LETTURA
“Era la Terra che dava la vita all'uomo; gli dava il nutrimento, il linguaggio e l'intelligenza, e quando moriva se lo riprendeva […] Ferire la Terra è ferire te stesso, e se altri feriscono la Terra, feriscono te. Il paese deve rimanere intatto, com'era al tempo del Sogno, quando gli Antenati col loro canto crearono il mondo". "Un dedalo di sentieri invisibili ricopre l'Australia, che gli Europei chiamano "Vie dei canti" e gli Aborigeni: "Orme degli antenati", ogni antenato, nel suo viaggio per tutto il paese, ha sparso sulle proprie orme una scia di parole e note musicali, rimaste come punti di comunicazione fra le tribù più lontane[…] L'uomo che andava in walkabout compiva un viaggio rituale, calcava le orme del suo antenato senza cambiare una parola né una nota, e così ricreava il creato[…] di notte, mentre vegliavo sotto le stelle, le città dell'occidente mi sembravano tristi e aliene, e le pretese del "mondo dell'arte", assolutamente idiote[…] Gli Aborigeni credono che una terra non cantata sia una terra morta; se i canti vengono dimenticati, infatti, la terra ne morirà. Permettere che questo accada è il peggiore di tutti i delitti possibili […] Prima dell'arrivo dei bianchi, in Australia nessuno era senza terra, poiché tutti, uomini e donne, ereditavano in proprietà esclusiva un pezzo del canto dell'Antenato e la striscia di terra su cui esso passava […] Una tappa era il luogo delle consegne, dove il canto cessava di essere di tua proprietà e passava ad un altro[…] Si credeva che ogni antenato, mentre percorreva il paese cantando, avesse lasciato sulle proprie orme una scia di "cellule di vita" […] il primo calcio del bambino corrisponde al momento del concepimento da parte dello spirito. Allora la futura madre contrassegna il luogo e va di corsa a cercare gli anziani, i quali interpretano la configurazione del terreno e stabiliscono quale antenato percorse quella via, e quali strofe saranno proprietà privata del bambino […]".
fonte e suggerimenti:
http://www.ubertini.it/sistemi/studenti/novecento/anatomia.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Ibn_Battuta
http://www.ilvagabondo.it/chi_sono.html
http://www.damiduck.it/Questo%20nomade%20nomade%20mondo.htm
http://fermatiamico.splinder.com/post/19883957

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :