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Anatomia di un rapimento – Akira Kurosawa

Creato il 17 gennaio 2012 da Maxscorda @MaxScorda

17 gennaio 2012 Lascia un commento

Anatomia di un rapimento
Gondo, imprenditore rampante ad un passo dalla vetta, investe tutto cio’ che possiede per portare a termine un’acquisizione che lo lancera’ nell’olimpo della finanza. O vince o perde tutto ma poche ore prima della sua vittoria, un rapitore annuncia di avere suo figlio e chiede per riscatto la somma necessaria per la sua impresa.
Gondo non ci pensa un istante per decidere di pagare pur dovendo rinunciare ai suoi sogni di gloria, sino al momento in cui si accorge che il bambino rapito e’ il figlio dell’autista e non il suo.
Cosa fare a questo punto?
Intrigante, non c’e’ che dire per un film di genere, anzi due.
Thriller vecchio stampo, una prima parte claustrofobica all’interno di un appartamento con il susseguirsi sempre piu’ serrato di contrasti ed opinioni sul da farsi, pratica che scivola nell’etica, uno psicodramma in piena regola che si trasforma in poliziesco nella seconda parte, frenetica caccia all’uomo in pieno sfoggio d’intuito e intelligenza, un pizzico di fortuna e i buoni che sconfiggono i cattivi nel finale.
Scansione ritmica a parte, nel 1963 il film si innesta in un filone noir non nuovo per Stati Uniti o Francia, due nazioni campioni del genere e per certi versi anticipa temi e situazioni orientate al sociale gia’ iniziate ma che esploderanno appieno da li’ a pochi anni.
Il gioco si sposta subito verso lo spettatore, coinvolto nel dubbio del protagonista che diviene in fretta dubbio proprio, coinvolgendo non poco il proprio senso morale, sempreche’ si abbia voglia di rifletterci seriamente.
La seconda parte si libera dai dilemmi e si lancia all’avventura con sollievo e curiosita’, interessante reperto di un cinema vecchio stampo che non invecchia poi cosi’ male a quasi cinquant’anni di distanza.
Preceduto da svariati minuti messi li’ giusto per allungare un po’ il brodo, non mi e’ piaciuto affatto il pistolotto finale, non nel testo almeno, carico com’e’ di una contrapposizione di classe che non regge malgrado l’ingessatura ideologica. Molto meglio l’aspetto tecnico in un rimando di riflessi millimetrici e suggestivi, padronanza di un linguaggio del quale Kurosawa era gia’ maestro.
Inoltre, ed e’ il segno del valore del regista, sorprende anche se non dovrebbe, la versatilita’ del Maestro, la capacita’ di percorrere le strade del cinema in ogni direzione possibile, il saper viaggiare tra samurai, dottori e poliziotti nello spazio di pochi anni senza smarrire stile ed identita’, prerogativa riservata a pochi grandi.

Scheda IMDB


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