Magazine Cultura
Meno male che non è il solito santino da leggere inginocchiati, la solita agiografia genuflessa scritta davanti al ritratto dell'AVVOCATO, naturalmente tutto maiuscolo, che agita il bastone del pastore di greggi italiche. Questa maiuscolità c'è sempre stata, come c'è sempre stata una sudditanza ammirata per come la famiglia ha sempre gestito una vita sopra tutte le righe, imbrogliatissima come e più che in Dynasty. Le vicende familiari dei potenti erano e sono un patrimonio italiano da conservare, un made in Italy che era ed è un passpartout per ogni riccastro che si muove nel jet-set internazionale. C'è sempre stata la predilezione per la stampa di fare da scendiletto ai potenti, scrivendo biografie con le lacrime agli occhi per la commozione, focalizzandosi sui dettagli che piacciono all'Italia guardona che si incanta ad osservare l'orologio sulla manica della camicia, o la cravatta sopra il pullover e tanti altri gadget alla moda simboli di italian style nel mondo. E mentre ci si sofferma a parlare di eleganza sopraffina, gli affari della potentissima famiglia si imbrogliano, le fabbriche costruite con i soldi di questa nazione sbriciolata chiudono, la testa dell'azienda emigra in Olanda, la parte fiscale in Inghilterra, la partnership negli Stati Uniti, e in Italia rimangono fabbriche mezze chiuse dove gli operai lavorano a rotazione al massimo tre giorni al mese, però contenti come delle pasque ballano il ballo del qua-qua nelle linee di montaggio insieme ai robot, segno evidente che stanno in buona salute. Quello che racconta Gigi Moncalvo nel suo documentatissimo libro è una storia che si percorre con la pila accesa tanto sono le ombre lunghe, medie, corte, che sono l'anima del libro, strutturato come un atto di accusa capillare verso la più grande dinastia di industriali italiana che dalla sua ha avuto la fortuna di avere due guerre mondiali, un cinismo rabbrividente, e la parola scrupoli bandita dal dizionario di casa Agnelli. Vengono rivelati dei misteri. Dalle mitragliere con le canne che fondevano per il calore e che dovevano essere raffreddate con l'acqua di un secchiello, sempre prodotto dalla Fiat, per cui nel culmine della battaglia, il mitragliere doveva raffreddare la canna come azione bellica accessoria, sempre che non gli fosse scoppiata in faccia, alla produzione della Duna il passo è breve. Entrambe erano fatte con lo stesso ferro scadente e la macchina era un avanzo di canne mezze fuse che perdevano i pezzi mentre si avventuravano nelle strade del mondo, preferibilmente il terzo. Anche questo era italian style. In ogni caso è nel periodo bellico che si stringono patti d'acciaio(scadente) con il fascismo e con la Svizzera e si consolidano guadagni incredibili, aumenti di capitali, flussi impressionanti di denaro tutto con destinazione estera. Vocazione mantenuta anche adesso. Impressionanti sono le cifre che emergono dagli scavi indagatori svolti da Moncalvo. Questioni di eredità. Altro che cifrette da poche centinaia di milioni di euro che Margherita, erede della fortuna di Gianni Agnelli rifiuta giustamente, si scopre la caverna del tesoro di Montecristo nel triangolo d'oro (letteralmente), Svizzera, Lichtenstein, Lussemburgo: miliardi di euro in lingotti d'oro che brillano nella notte di questa Italia mezza affondata che si arrabatta per trovare per i lavoratori 80 euro al mese, l'equivalente di una mezza spesa al supermercato, mezza. Ma non è tutto qui. Accanto a tante spiacevolezze c'è il buon gusto, cioè la sensibilità per le cose belle,per l'arte. 853 è un numero che non bisogna dimenticare. È il numero dei quadri contenuto nella pinacoteca personale dell'avvocato Agnelli, distribuito nelle dverse dimore, castelli, appartamenti, attici, palazzi rinascimentali, loft, resort privati, ville di campagna e di città, tutto rigorosamente fuori dall'Italia. Anche questo è stile. Goya, Rauschenberg, Warhol( che ha scattato una polaroid anche all'avvocato, poi serializzata), Picasso, Sandro Chia, e decine di altri grandi, tutto il gotha dell'arte mondiale sta nelle case del presidente della Fiat. Ma ancora più impressionante sono i capitoli che riguardano “i cortigiani “ di casa reale che nel corso degli anni hanno aumentato il loro potere fino a diventare dei plenipotenziari con possibilità di veto perfino sulle spese personali dei figli di Gianni Agnelli. Margherita, e il povero Edoardo, tutti estromessi dalla famiglia da Gianluigi Gabetti, gran ciambellano e complottista insieme a Romiti e all'avvocato-consigliere Grande Stevens, davvero grande nel congegnare sistemi giuridici di esclusione dalla governance aziendale dei legittimi eredi, peraltro screditati e additati come ladri e drogati. Impressionante come sono gestite le nuove generazioni ora al comando o quasi. Gli Elkann. Con Lapo che deve la sua vita a Patrizia( nome d'arte di un professionista del sesso ), e creativo di famiglia, eccentrico, folle e rappresentante nel mondo del ramo gaudente delle famiglia,e John che è la facciata in stile minimalista della Fiat, il decor della casa, quello che serve ai veri padroni, il lato A della facciata, tutto casa e lavoro e obbedienza. di Ivano Nanni
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