Tesoro di Sua Maestà. Sbagliamo sin dal 1929
di Gustavo Piga
“Come molti altri previsori macroeconomici, abbiamo abbondantemente sovrastimato la forza della crescita dell’economia negli ultimo due anni”.
Comincia così il mea culpa dell’autorità britannica indipendente, l’Ufficio della Responsabilità del Budget, incaricata di indicare le previsioni macroeconomiche da utilizzare per elaborare il piano economico delle scelte di finanza pubblica fatte dal Governo britannico.
Avrebbero dovuto aggiungere: “al contrario di tanti altri previsori macroeconomici ufficiali, lo diciamo esplicitamente, in tempo, formalmente, trasparentemente e cerchiamo di capire e spiegarvi il perché di questo errore”.
In attesa che il potere di decidere quanto crescerà l’economia italiana ai fini del calcolo dell’andamento dei conti pubblici sia levato a Ragioneria e Tesoro e si crei anche da noi una simile autorità indipendente, così da evitare errori di previsione del 3,6% come è accaduto nel giro di 1 anno per il 2012, andiamo a vedere cosa ci dice il rapporto britannico.
L’errore che si preoccupano di spiegare è quello di avere stimato una crescita del PIL del 5,7 per cento dal primo trimestre 2010 al secondo trimestre 2012, invece dello 0,9%. In poco più di due anni del 5%. Un errore non ampio come il Tesoro italiano, ma ci siamo quasi.
Ebbene, a spiegare una buona parte di questo errore sul PIL, dice il rapporto, c’è la sottostima dell’impatto che queste manovre restrittive hanno avuto sul PIL stesso: il moltiplicatore della spesa e delle tasse, ossia di quanto scende il PIL se facciamo scendere queste dell’1% del PIL, è stato abbondantemente sottostimato.
Era stato previsto pari a 0,3 per le tasse ed 1 per la spesa (diminuisce di 1 euro la spesa pubblica? Diminuisce di 1 euro il PIL), con un effetto a scemare nel tempo. In media, 0,6.
Notate che comunque era stato previsto correttamente che meno spesa pubblica implica meno PIL, sconfessando, se ancora ce n’era bisogno, le analisi di coloro che dicono che meno spesa pubblica fa bene al PIL ed all’occupazione. E dice anche, vi prego di notare, che tagliare la spesa pubblica – in questa acuta recessione – fa più male all’economia che aumentare le tasse.
Cosa trovano i valenti funzionari dell’Autorità britannica? Che il vero moltiplicatore è stato più del doppio dello 0,6 previsto: 1,3. Quando hanno cioè ridotto la spesa pubblica o aumentato le tasse di 1 euro il PIL è sceso di 1,3 euro, altro che 0,6. Di più, scende il PIL, se il carico dell’aggiustamento si concentra solo su tagli di spesa.
E poi vi chiedete perché quando tagliate la spesa pubblica i conti pubblici peggiorano? Pfui.
Rovesciate ora l’analisi e chiedetevi cosa sarebbe successo se avessero aumentato la spesa pubblica: crescita economica e conti pubblici a posto.
Speriamo che il fatto che siano indipendenti li porti a suggerire un nuovo approccio alla politica fiscale: se la rivoluzione comincia nel Regno Unito, chissà, forse potrebbe portare a auspicabili ripensamenti sulla stupida austerità dell’Europa e dell’Italia.
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