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Anche Joyce ha pagato per pubblicare

Da Csabbat
Anche Joyce ha pagato per pubblicareTra gli innumerevoli canditi che insaporiscono il grande panettone dell’editoria a pagamento, il mio preferito è senza dubbio questo: “...anche Joyce ha pagato per pubblicare”. Questa frase è la storica bandiera, l’asso nella manica o, meglio ancora, il dito dietro il quale si nascondono coloro che non vogliono sentire obiezioni al fatto di aver pagato somme assurde (anche se poi se ne lamentano) per la pubblicazione del proprio manoscritto. Il concetto di base è: se l’ha fatto Joyce (che è diventato quel che è diventato) perché non posso farlo io?
A parte il fatto che, perdonate la mia ignoranza, non ho mai letto questo famigerato contratto di edizione di Joyce (anzi, se qualcuno ne è in possesso, magari…) ma, anche se fosse, Joyce ha vissuto in un periodo storico in cui non c’era la pletora di case editrici che abbiamo noi (solo nel 2010, in Italia se ne contano circa 2700 - fonte: ISTAT) e in secondo luogo non aveva a disposizione il più grande strumento di comunicazione attualmente esistente che è internet.
Ciò significa che, a differenza di prima, non solo oggi ogni scrittore può interagire con più interlocutori ma è anche in grado di raggiungerli con maggior semplicità rispetto a Joyce. Da questo si evince facile (…ti piace evincere facile? Ah… Ah.) che se contatti un centinaio di editori e nessuno di questi ti propone un contratto di edizione, può significare due cose: o qualcuno ha scritto alcuni articoli della Legge di Murphy su di te senza esplicita autorizzazione oppure, forse ma potrei sbagliarmi, il manoscritto non è adatto alla pubblicazione. Che c’è di male?
“Sì, ma l’editore può sbagliare”.
E certo che può sbagliare! L’errata valutazione di un’opera, il fatto di scartare un potenziale best seller, fa parte del proprio rischio d’impresa. Quello stesso rischio che l’editore (non tu né tanto meno una casa editrice a pagamento!) è disposto a correre e se ne assume in prima persona, e con il proprio portafogli, la piena responsabilità.
Io non sono uno scrittore e non posso comprendere a pieno la frustrazione che si prova a veder respinto più volte il proprio manoscritto ma credo che pubblicare un libro, cioè conquistare la fiducia di qualcuno (editore) che investe di tasca propria su di me (scrittore), sia un concetto leggermente più elevato della mera stampa. Il resto vien da sé: affidare la propria opera a un soggetto che non seleziona ciò che pubblica ma stampa su commissione, non permette di raggiungere quel traguardo che compensa la fatica intellettiva spesa nella realizzazione di un’opera letteraria. Ma questa è solo la mia opinione e, molto probabilmente, considerati i guadagni delle case editrici a pagamento, non tutti la pensano così.
Cerchiamo quindi di trovare insieme una soluzione che, non dico soddisfi ma, quanto meno, tuteli le tasche di coloro che vogliono “ad ogni costo” veder pubblicato il proprio manoscritto. Rispondete a queste tre domande:
  • Siete coscienti del fatto che la pubblicazione “forzata” ha un prezzo? 
  • Siete coscienti che la vostra opera non è stata selezionata ma volete comunque vederla pubblicata? 
  • Siete coscienti delle difficoltà promozionali, logistiche e distributive che vi aspettano dopo la pubblicazione? 
Se avete risposto “SÌ” a tutte le domande e avete dissipato qualsiasi obiezione di coscienza, allora fate in questo modo:
  1. recatevi in una qualsiasi libreria (possibilmente indipendente) e individuate un volume che vi attrae particolarmente: colore della carta, consistenza, copertina...
  2. acquistatelo; 
  3. tornate a casa, sfogliatelo e dall’ultima pagina annotate il nome della tipografia che l’ha stampato;
  4. contattate la tipografia e chiedete un preventivo su un libro simile; 
  5. sorprendetevi di voi stessi. 
Così facendo, rispetto a pubblicare con una casa editrice a pagamento, sappiate che avrete perso:
  • consulenza grafica (non l’avreste comunque);
  • editing (non l’avreste comunque);
  • correzione delle bozze (non l’avreste comunque);
  • supporto logistico (non l’avreste comunque);
  • distribuzione (non l’avreste comunque);
  • ufficio stampa (non l’avreste comunque); 
  • qualcuno da insultare (ehm... questo forse...);
ma, quanto meno, la spesa per la stampa sarà notevolmente inferiore ed eviterete di contribuire al proliferare di case editrici “camuffate”.
Sempre a tal proposito, desidero ribadire un concetto che deve essere chiaro: l’editoria a pagamento non è illegale. Non approvo chi dice che le case editrici che chiedono all’autore la copertura parziale o totale dei costi di pubblicazione siano truffaldine. Loro propongono solo un contratto e, se siete d’accordo, siete liberi di pubblicare tutti i libri che volete e pagare le somme pattuite. Ciò che io sollevo quindi non è una questione di legalità ma di buon senso.
Passare notti insonne dietro un manoscritto, pagare uno sproposito per vederlo pubblicato da una casa editrice che non l’ha neanche aperto e regalarlo (o imporne l’acquisto) alla nonna, alla segretaria e all’amico barista sotto casa, pur sapendo che non lo leggeranno mai, non ha uno stracazzo di senso!

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