Il professor Piero Benvenuti, docente di Astrofisica all’Università di Padova e direttore del CISAS (Centro Interdipartimentale degli Studi e attività spaziali), ha recentemente riflettuto in modo simile, sottolineando un’altra caratteristica della teologia: «Se per scienza intendiamo un procedere verso la conoscenza della verità, allora sicuramente la teologia è da ascrivere a questa categoria. Vanno però distinti i metodi: la scienza fisica utilizza un metodo ormai codificato che è il metodo appunto scientifico, basato sul dato sperimentale. Tutto ciò che non può essere sperimentato, non può essere trattato con metodo scientifico. Ma questo non esaurisce tutta la realtà, poiché esistono tante entità – per esempio l’amore, l’amicizia, l’onesta… – che ci sono ben presenti ma che non si possono misurare con metodo scientifico. Quindi affermo che la teologia, così come la filosofia, è una scienza che adotta un metodo diverso da quello scientifico. I due metodi possono integrarsi tra loro, lo sbaglio commesso nel passato è stato considerare l’uno o l’altro metodo come esclusivi».
Nell’intervista il prof. Benvenuti ha spiegato che «dallo studio della natura attraverso il metodo scientifico, ci si rende conto che non è mai possibile ottenere una prova ontologica definita» dell’esistenza di Dio. «Ciò detto, ci sono degli indizi che sostengono l’idea di un Creatore, che è tuttavia una libera adesione di fede». Uno di questi indizi, secondo Benvenuti, è la «comunanza di ordine e razionalità che riscontriamo nel cosmo così come nel nostro procedere mentale», che appare «qualcosa di difficilmente spiegabile senza un’unità creativa. Però, ribadisco, si tratta sempre di una libera adesione di fede, poiché si può credere che ciò che ciò sia frutto del caso».
Descrivendo il rapporto storico tra scienza e fede, ha osservato che «nel secolo scorso si apre un importante spiraglio di dialogo, grazie all’avvento della relatività generale e della fisica quantistica. Ci si è resi conti che all’interno della scienza, anche utilizzando il metodo scientifico, ci sono dei limiti alla conoscenza della realtà. Tutto sommato anche lo stesso Galileo Galilei aveva osservato, a suo tempo: “Io rinuncio a tentare di comprendere l’essenza, a capire l’essenza delle cose, mi limito a considerare i fenomeni”. Se da un lato, si ha dunque una svolta da parte della fisica moderna, dall’altro anche la teologia compie dei passi importanti. I documenti del Concilio Vaticano II, in particolare la Dei Verbum, mettono in chiaro in modo molto preciso che tutte le Scritture sono ispirate, ma che quest’ispirazione è funzionale alla nostra salvezza e non alla spiegazione di come è fatto il mondo. Si arriva così ad affermare che le elaborazioni sulle Sacre Scritture sono complementari ai risultati d’ambito scientifico. D’altronde, già san Tommaso d’Aquino aveva fugato ogni contrasto tra scienza e teologia affermando che “la luce della ragione e quella della fede provengono entrambe da Dio” (Summa contra Gentiles). Concetto coerentemente ripreso dalla recente Esortazione apostolica Evangelii Gaudium di papa Francesco in un sottocapitolo che si chiama appunto Dialogo tra la fede, la ragione e le scienze».
La redazione