Cambiano i capi di stato, cambiano i modi di comunicare, cambiano i costumi….di carnevale.
La crisi non accenna a diminuire, ma la voglia di divertirsi sembra non risentirne troppo, il carnevale è alle porte e le vetrine dei negozi brulicano di maschere, mascherine, ricchi premi e cotillon. Abbigliamenti improponibili e costumi raffinati, ma le mode si evolvono e i personaggi “storici” hanno ceduto il passo a quelli di nuova generazione.
Parlando su facebook con un’amica d’infanzia, sono tornati alla mente ricordi di un tempo ormai passato. Siamo entrambi figli di ferrovieri ormai in pensione, ma che ogni tanto non disdegnano di presentarsi sul binario 1 della stazione muniti di cappello e fischietto.
Durante il periodo del carnevale, la festa per eccellenza era quella organizzata per i piccoli futuri dipendenti delle Ferrovie dello Stato nei locali del Dopolavo Ferroviario (appunto).
L’orario di inizio dei bagordi era previsto per le 16:00 in punto, ma i nostri padri ci accompagnavano sempre con almeno venti minuti di ritardo. Quando si dice la forza dell’abitudine… L’organizzazione era perfetta, la festa era aperta a tutti i bambini, anche a quelli meno fortunati, tipo i figli dei piloti d’aereo, l’ingresso di solito era presidiato da due energumeni che facevano a tutti, la stessa domanda di rito ” che lavoro fa tuo padre?”. Ora, la risposta giusta era “ferroviere”. In quel caso ti spettava di diritto un sacco da 10 chili di coriandoli, un vassoio di bomboloni e un biglietto di prima classe per il viaggio di inaguazione del Frecciarossa sulla tratta Parigi Saint Tropez. Tutti gli altri mestieri erano considerati “di serie b”, al figlio del notaio, per esempio, veniva data una manciata di coriandoli raccattata da terra, una pasta alla crema di due anni prima e un biglietto per il rapido dei pendolari sulla tratta Taranto-Ancona. Perchè parafrasando Orwell: “tutti i bambini sono uguali, ma quelli dei ferrovieri sono più uguali egli altri”.
I costumi erano quelli classici, gli intramontabili e soprattutto riciclati di anno in anno, di fratello in fratello…perfino di fratello in sorella.
C’erano una ventina di cowboy senza macchia e senza paura, trentadue fatine che facevano a gara a chi trasformava più gente in rospi, e per alcuni non dovevano neanche sforzarsi più di tanto, e almeno 74 Zorro, tutti uguali. Tanto che spesso quando le mamme tornavano a casa dicevano “santo cielo figlio mio come sei cresciuto”. Non era cresciuto, semplicemente si erano accaparrate lo Zorro sbagliato.
Io ero Superman, e lo sono stato per almeno 8 anni. La prima volta che indossai il costume dovetti fare i rombocchi ai pantaloni fino al ginocchio. sembrava che avessi i polpacci di un terzino del Gubbio. Alle ultime due feste invece mi presentai con le maniche all’avambraccio e i pantaloni a metà coscia, parevo una via di mezzo fra Pinocchio (non a caso) e un alluvionato di Olbia.
Oggi è diverso, passata la festa gabbato lu santu. Il senso del vintage è sparito, i costumi dei bambini non si riutilazzano più (tranne in rari casi, lo dico perchè già prevedo uno scatenarsi di commenti di mamme agguerrite del tipo “eh no caro, io al mio bambino di 36 anni faccio mettere ancora il costumino di Topolino…ormai è tradizione). Non si va più sui classici e i personaggi del momento cambiano a ritmi vertiginosi. Ci sono i Ninja Turtles, ma chi le indossaa di solito non conosce il nome del pittore (“guarda babbo, sono la tartaruga Klimt” – “Davvero?….non sapevo che Clinton usasse il suo pennello per farci dei quadri”) e per le bambine c’è…ovviamente…Peppa Pig la simpatica (?) e dolce (???) maialina, porcellina, suina….protagonista dell’omonimo cartone. Ah, ho scoperto che fanno anche la versione per adulti, ma preferisco non addentrarmi nel merito….i doppi sensi si sprecherebbero.
Il costume più assurdo però l’ho visto mentre ero in compagnia di un amico. Sfogliando vecchie foto ci è capitata fra le mani una che lo ritrareva conciato in modo improponibile. Pareva un Budda avvolto nella carta igienica Regina (con tutto il rispetto per il Budda…e il signor Regina), L’ho preso per il culo per ore, anche perchè nè lui nè sua madre sono riusciti a capire da che cosa fosse mascherato.
Insomma, siamo cresciuti, abbiamo cambiato le nostre abitudini e i nostri stili di vita, chi più chi meno, ma siamo rimasti fondamentalmente dei nostalgici. Come quei ferrovieri in pensione che sospirano di fronte ad un passaggio a livello.
Ah, quasi dimenticavo…A distanza di un paio di giorni, alle due e quarantacinque di notte mi squilla il cellulare. Numero anonimo. Rispondo gonfio di sonno “pronto…” Dall’altra parte una voce familiare che pronuncia solo quattro semplici parole “da principe arabo. Merda!”. Click.
E bravo. Il bimbo a notte fonda ha avuto l’illuminazione.