Scartavetrarsi l’anima,
indurla all’asfissia
e porsi al passo docile
dell’atrofia dei tempi.
Per cosa, ancora? Arsura?
Elusa l’abiura, ma ancora
e ancora arsura? Piuttosto
la clausura che questa
non più aurea, ma bronzea
mediocrità; la cura
degli effetti, la pietà,
la lascio ai mimi domi
che i cuori puri ostentano;
io, empatico sommerso,
le cause ho nel mirino,
nascoste dietro i simboli
che sanno di maceria.