Magazine Racconti
Un euro, per ogni volta in cui mi sono sentita domandare: “Sei fidanzata?”. A quest’ora, probabilmente, starei scrivendo dalle Bahamas; sorseggiando piña colada (pure da astemia). Non saprei… di preciso, cos’è che all’improvviso fa scattare una curiosità del genere, non trattandosi neppure di ipotetici, improbabili o presunti corteggiatori? Ho esaurito la fantasia, nella ricerca di una risposta che fosse originale. Che non lasciasse trapelare il mio fastidio, ma che non fosse irritante quanto un no secco. A trenta anni (che in molti casi continuano a non essermi riconosciuti… pare riesca a dimostrarne di meno), non è che non mi sia mai immaginata fidanzata (lo sono anche stata per 6 lunghi anni, a voler rinfrescare la memoria di alcuni dei più curiosi che, guarda un po’, conoscono le mie vicissitudini passate), o addirittura con marito e figli, come alcune mie coetanee. Ma… ho un piccolo problemino nei confronti di queste cose. Sempre avuto, tra l’altro. Nella mia testa non riesce a smettere di rimbalzare un pensiero, che fa più o meno così: “Non con chiunque! Non a tutti i costi!”. Dovessero suonare anche tutti i campanelli d’allarme del mondo, dovesse entrare in sciopero il mio orologio biologico, perché stanchissimo di ticchettare forte per farsi sentire; non riuscirei a cambiare idea. Non con chiunque. Forse perché, tra le tante cose, ho una personalità tendenzialmente egoista. Mi piace avere i miei spazi, le mie cose, le mie questioni personali e sarei disposta a ridimensionarmi solo e qualora dovesse capitare il tipo giustissimo (sorvolo sulle caratteristiche, ma ci tengo a precisare che sono lontana dal concetto di principe azzurro). Cosa c’è di stratosferico, o inaccettabile in un ragionamento del genere? Non mi sembra proprio di essere una marziana, ma per qualche strana ragione c’è chi ha provato (e continua a provare) a farmelo credere. A farmi credere che non avere un ragazzo, a trenta anni suonati, è manifestare una carenza grave. Un lasciar passare il tempo inutilmente, come a voler scherzare con il fuoco continuando a ignorare quanto possa bruciare. Strano, poi, che le uniche cicatrici che porto addosso, però, siano state fatte da persone che ho provato a tenere accanto a me. Perché ci sono stati momenti in cui ho pensato di aver trovato l’anima gemella (terminologia che tendenzialmente detesto, ma è sufficientemente sbrigativa, comprensibile e utile allo scopo), in cui mi sono sentita a casa, viva, desiderosa di crederci fino in fondo, vicino a qualcuno. Poi, però, nulla da fare. Allora, credo che il ‘Lui’ giusto debba ancora presentarsi. Perché, se lo avessi già incontrato, a quest’ora staremmo insieme. Nel frattempo, non me la sento di rimanere in apnea o di sentirmi un caso umano, con qualcosa in meno rispetto alla 'massa'. Quante probabilità ci saranno che io riesca a imbattere nel mio lieto fine personale? Non lo so. Spero quelle giuste. E se poi non dovesse essere un lieto fine sotto forma di fede al dito?Io sono disposta a farmene una ragione. Non è altrettanto con la faccenda di avere ancora a che fare con interrogativi del genere. Sarebbe fantastico ricevere di più domande tipo, che so… “Sei felice?”. Perché la felicità può dipendere (fortunatamente) da tanti fattori. Il più delle volte lo sono, non mi sembra poi tanto male la mia vita. Nonostante tutto, ho moltissimo per cui dire Grazie.Uno subito... Grazie per averlo chiesto! ;-)