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Ancora sulla caverna e sulla realtà. Il tredicesimo piano di Joseph Rusnak
Creato il 06 gennaio 2011 da SpaceoddityIl tredicesimo piano è uscito nello stesso anno (1999) del primo episodio di Matrix e non ha avuto certo la risonanza dell'epopea wackowskiana. Eppure, partendo dallo stesso assunto, cioè partendo dal dubbio sulla vita che conduciamo e dalla necessità di capirci qualcosa, propone una soluzione molto diversa.
Intanto il mondo, in questo film di Joseph Rusnak, non è bipolare: non è una schermata e non è un'interfaccia per rendere l'esistenza più o meno interessante. La vita è uno slittare continuo di piani, un interscambio di anime che prendono possesso di corpi "paralleli" che vivono nelle altre dimensioni. Ci sono circuiti e scosse elettriche: è, in definitiva, fantascienza, non illusione autoindotta. Ma l'essenza dell'anima nel suo viaggio è fantasmatica, fluida e improvvisa, come una possessione angelica e come un lungo, dolorosissimo esorcismo dalle proprie certezze.
La situazione è complicata dal fatto che in uno dei mondi possibili si inventa un macchinario in cui è possibile trasmigrare, per così dire, da una sceneggiatura all'altra. Non c'è più modo di recuperare l'integrità di una sola "sfoglia" di reale, ma il dubbio, come un acido, le perfora tutte e in ognuna di queste qualcuno viene a conoscenza della finitezza e dell'irrealtà del proprio esistere. Ciascuno di coloro che vengono a sapere del mondo-ologramma, lungi dal tornare a riferire dell'inganno, comincia una ricerca solipsistica, allontanandosi dallo sfondo consueto, ignorando i rassicuranti segnali che danno un senso a ciò che si va costruendo sotto i suoi occhi.
Due ore scarse non bastano ad approfondire una filosofia di vita paragonabile a quella della trilogia di Matrix; né, mi pare, c'è ne Il tredicesimo piano l'intenzione politica e religiosa riconoscibile nella tessitura demoniaca dell'ingegnere creato dai fratelli Wackowski. Ma il film di Rusnak ha il pregio di una leggerezza di fondo da pretese eccessive, con il risultato invidiabile per lo spettatore di poter scavare meglio nelle dinamiche affettive dei personaggi, che non vogliono profeti e non vogliono rivelazioni, ma vogliono rimanere chiusi nel loro mondo.
Il tredicesimo piano, privo degli inutili orpelli misteriosofici di dubbio interesse nell'ultimo episodio di Matrix, è tra l'altro anche un film molto ben scritto e ben recitato, in particolare dai protagonisti. Craig Bierko (che è stato Jeffrey Coho nella terza serie di Boston Legal) è capace di disegnare tre personaggi molto diversi tra loro, dando a ciascuno un'anima e Armin Müller-Stahl sa affrontare le doppiezze e i nodi di un'anima nel corso della stessa esistenza. Ancora più bravi la bella Gretchen Mol e il camaleontico Vincent D'Onofrio, nello spartirsi tratti e sfumature tra i mondi in competizione.
Forse Il tredicesimo piano non apre una vera porta sul reale e non pone interrogativi esistenziali forti, come comunque mi accade con Matrix: ma, mi sembra, fa vedere di scorcio, un po' più e un po' meglio, chi è l'uomo e ne dà un quadro. Scusate se è poco.
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