In questo post voglio fare il punto sulla esperienze di pre-morte, esse vengono di solito indicate con la sigla NDE (Near Death experiences). Non mi ripeterò sulla descrizione del modo di presentarsi di questi fenomeni, ne ho già parlato in precedenti post, qui voglio fare un riepilogo di alcuni dei principali risultati della ricerca scientifica e del dibattito che ne è seguito sulle riviste di neurologia e psicologia.
Lo scopo di questo mio articolo è cercare di vedere se è ragionevole allo stato attuale delle ricerche ritenere che le NDE possano essere considerate un indizio (più o meno forte) della possibilità che la mente possa esistere staccata dal cervello e che possa quindi sopravvivere alla morte fisica oppure no.
Per mettere le mani avanti verso quelli che possono arricciare il naso, ricordo che “Gli studi sulle NDE rappresentano uno dei temi più importanti delle neurologia cognitiva” per dirla con Christian Agrillo (1). Ed è su un articolo di questo studioso reperibile in rete che mi baserò per questo mio post.
Secondo un altro studioso, Dell’Olio (2), una NDE può essere considerate come ‘veritiera’ se ha le seguenti caratteristiche: 1) vicinanza del soggetto alla morte fisica, 2) l’esperienza deve essere ripetibile, nel senso che altri pazienti nelle stesse condizioni devono poter sperimentare la stessa cosa, 3) il racconto dell’esperienza deve essere simili a quella riportata dai pazienti che sono stati nelle stesse condizioni, 4) vi devono essere certezza e consapevolezza fenomenologiche.
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