Mi ero riproposta di non scrivere per un po’, e cercherò di non farlo, ma non sono riuscita a trattenermi davanti all’impressionante macchina di propaganda ancora una volta messa in moto, da media e politica (da destra a sinistra, Sel compresa), contro il movimento no tav in val Susa. So di non potere nulla contro questa macchina, ma devo fare qualcosa.
La potenza di questo apparato propagandistico l’ho toccata con mano ancora una volta ieri, parlando con i miei genitori, che hanno due figlie che sono andate più volte in val Susa, e che quindi conoscono sia le argomentazioni no tav sia la realtà sul campo, diversa da quella che compare su tutti i telegiornali. Eppure, reagivano alle immagini in tv come i cani di Pavlov. Mio padre: ‘però avevano le maschere antigas e gli scudi!’ Ma certo! Sapendo che la polizia lancerà gas lacrimogeni, e li lancerà ad altezza uomo e quindi addosso alla gente, chi sarebbe così folle da non attrezzarsi con delle protezioni? E mia madre: ‘ma erano incappucciati e vestiti di nero!’ Anche qui: perché rischiare andando a volto scoperto, farsi identificare, dopo aver capito che basta trovarsi nel posto sbagliato, senza prove di reato, per prendersi anche dieci anni di galera? (vedere come sta andando ai no tav arrestati o com’è andata ai manifestanti di Genova…) E per quanto riguarda il nero, è evidente che quest’aspetto viene sottolineato per far scattare nella mente delle persone l’immagine ‘black bloc’, ma basterebbe ragionare un attimo: se vai a tagliare delle reti di notte e dall’altra parte c’è la polizia, eviterai di trasformarti in un bersaglio mobile vestendoti di rosa o di giallo fosforescente come un ciclista che non vuol essere investito.
‘Violenti’. Altra cosa, è vero, sono i petardi e i bulloni che qualcuno ha tirato. Io non l’avrei fatto, spero in vita mia di non alzare mai il braccio contro un altro essere umano. È anche vero, però, che quelle che sembrano armi aggressive ad alcuni, per altri sono armi di difesa. C’è una certa tragica inesorabilità in tutto questo: tu vuoi tagliare le reti di un cantiere (lo devi fare, non hai più scelta), la polizia dall’altra parte ti aspetta con gli idranti e i lacrimogeni, tu per tenere lontana la polizia gli tiri addosso quello che hai. Ho detto: io non lo farei, ma quando si riduce una valle a una zona di guerra, come la politica ha fatto ignorando le richieste dei valsusini e mandando la polizia a occupare la loro terra, espropriandola e distruggendola, la guerra porta anche a questo. E con tutte quelle botte che hanno preso, con le manganellate di notte sotto le tende, per le strade del paese alla gente che fugge, alle donne, agli anziani, con i lacrimogeni tirati addosso alle persone fino a ridurre i loro volti a maschere di sangue, lanciati di notte in un campeggio inerme con anziani e bambini (l’altro ieri sera, testimone mia sorella), o vicino a una tenda che dovrebbe curare le persone (l’anno scorso, testimone io), con uno dei manifestanti che ci ha quasi rimesso la pelle, mi sembra che i valsusini si siano anche trattenuti. Sottolineo: la val Susa è diventata una zona di guerra. Non lo dico con leggerezza. Ormai la gente considera la polizia una forza occupante, lo dice apertamente. Il rancore monta, l’esperienza collettiva va in una direzione sola: lo stato è un nemico. E non sto parlando di ‘frange estremiste’, sto parlando di gente normalissima, vecchi e famiglie, signore che si attrezzano con le maschere antigas, bambini che portano a casa i tubetti del lacrimogeni come un altro bambino porterebbe una conchiglia: questa ormai è la loro quotidianità.
E visto che si dà dei violenti ai valsusini, o a questi famosi infiltrati cattivissimi da cui dovrebbero prendere le distanze, vorrei soffermarmi un attimo anche sui lacrimogeni. Ho già elencato note e documentatissime violenze della polizia: ma non pensate che i lacrimogeni siano da meno. Chi non li ha provati penserà che siano coreografia, come i fumi del concerto: invece sono terribili, sono veleno. Io ero nel bosco, l’estate scorsa, mentre li tiravano. Mi sembrava di impazzire. Mi bruciava la gola e il petto, mi lacrimavano gli occhi, muco mi colava dal naso dentro un limone che mordevo rabbiosamente cercando sollievo, e non ne trovavo, tossivo e maledivo chi li lanciava, pensavo: fuori di qui, fuori di qui. E per me è stato un giorno solo, ma la gente che se li è presa per mesi, anni, che cosa rischia? Come starà? Quando ero in val Susa so che c’era chi tossiva per giorni. Mia sorella dice di aver incontrato una donna che diceva: non posso più manifestare, ho i polmoni rovinati.
‘Manifestate pacificamente’. Questa assurdità, ripetuta sia dal Ministro dell’Interno, quella intollerabile ipocrita, sia da gente che si considera di sinistra, è quella che mi fa più imbestialire. Innanzitutto, le manifestazioni pacifiche ci sono. Ci sono da vent’anni e continuano ancora. Tra serate informative, concerti no tav, marce in cui non vola una mosca (con migliaia o decine di migliaia di persone), scampagnate, veglie di preghiera e pic nic, e il giro delle piazze d’Italia a portare le proprie ragioni, la fantasia e la costanza dei no tav non hanno limite. Sapevate di tutte queste iniziative? Probabilmente no. Perché i giornali non ne parlano! Perché i giornalisti vogliono sangue, quando lo trovano ci marciano per giorni, montano e straparlano, e intanto, mostrandosi scandalizzati, scuotono la testa: ‘che ovvove!’ I giornalisti hanno dimostrato di essere i peggiori di tutti. Chiedevano le manifestazioni pacifiche, e poi le ignoravano. Rimproveravano i valsusini, e quando questi facevano i bravi li liquidavano in poche righe o li snobbavano del tutto. E la politica, idem. Vi rendete conto del gioco perverso? Se ne fanno un baffo non solo delle marce di protesta, ma anche di tutti i sindaci, consiglieri, presidenti di comunità montana no tav, e poi chiedono proteste pacifiche, dicendo ormai chiaro e tondo che non le ascolteranno. Come la Cancellieri, beata lei: ‘il nostro compito è garantire proteste pacifiche e fare la Tav lo stesso’. Questa è la democrazia, signor Corriere della Sera?
‘Delinquenti’. Ormai, i no tav sono dipinti come violenti o ostaggio dei violenti, teppisti, delinquenti. Bene, vi dico che se gli italiani fossero tutti come i no tav che ho incontrato in val Susa, che paese saremmo! Che orgoglio! Non avremmo mafia, corruzione, o ignoranza. A parte la mole di conoscenze e l’impegno politico sostenuto per, ormai, decenni, da loro ho ricevuto una vera e propria lezione di civiltà. Sono arrivata senza conoscere nessuno, una svampitella friulana che girava con i vestiti da città e diceva che i poliziotti non le avrebbero mai fatto del male. Ma mi hanno accolta, mi hanno ospitata, mi hanno mostrato la valle, mi hanno dato da mangiare, da bere, da vestire, da dormire. E così hanno cercato di accogliere tutti quelli che venivano ad aiutarli. Era nel loro interesse, certo, ma anche tra di loro si trattavano con rispetto pur nelle divergenze, uniti, fraterni. Quando ero su, in quella che ormai è zona occupata, c’era sempre da mangiare per tutti, e mai un bicchiere di plastica lasciato cadere, mai una cartaccia per terra: raccolta differenziata, boschi puliti (quelli con le tombe del neolitico su cui è passato il cingolato della polizia), autodisciplina, una bella atmosfera. Ed eravamo sotto assedio. Per non parlare della campagna di solidarietà per Luca Abbà… Generosi, coraggiosi, solidali: così io ho conosciuto i valsusini, i no tav almeno. Questa è la gente che la polizia sta avvelenando sotto gli occhi dell’Italia. Della stessa Italia che continua a spendere chissà quanti milioni per mantenere l’occupazione militare della val Susa, un cantiere che finora ha combinato poco e niente, della stessa Italia che vuole buttare venti miliardi in un’opera inutile. I valsusini le stanno prendendo anche per gli italiani ingrati che se fosse fatta la Tav ci perderebbero tutti.
‘L’impegno con l’Europa’. A corto di argomenti, i proponenti dell’opera si affidano al più debole di tutti: abbiamo preso un impegno con l’Europa. A parte che è curioso come il popolo più voltagabbana del continente si aggrappi con tale ostinazione alla parola data, diciamo solo che un impegno è una cosa importante, ma non abbastanza da perseverare a tutti i costi nell’errore, un errore madornale poi. Non saremmo né i primi né gli unici a ripensarci: il Portogallo si è già ufficialmente sfilato (non hanno i soldi), la Francia si sa che ci sta pensando seriamente. Le questioni di principio vanno bene, ma bisogna vedere i principi. La libertà di una popolazione di decidere del proprio territorio, la salute (a rischio), l’aria (inquinata), l’acqua (a Firenze la Tav ha fatto sparire falde, fiumi e torrenti), il territorio (deturpato), non sono valori? Non sono principi? E la tanto sbandierata legalità: ma se è sempre più evidente che sulla Tav metterà le mani la ‘ndrangheta!! Leggetevi gli articoli, le inchieste, osservate quanto è marcio il Piemonte, in cui ormai si sciolgono i comuni per mafia come al sud! Vi dirò un altro principio sacrosanto, forse non piacerà a tutti, ma la legge lo tutela: l’autodifesa. Io so che per difendere la vita e la propria terra molti mezzi, che vi piaccia o no, sono leciti.