(Last Man Standing)
Regia di Walter Hill
con Bruce Willis (John Smith), Bruce Dern (Sceriffo Ed Galt), William Sanderson (Joe Monday), Christopher Walken (Hickey), David Patrick Kelly (Doyle), Karina Lombard (Felina), Ned Eisenberg (Fredo Strozzi), Michael Imperioli (Giorgio Carmonte), Alexandra Powers (Lucy Kolinsky), Leslie Mann (Wanda).
PAESE: USA 1996
GENERE: Gangster
DURATA: 101’
1931. A Jericho, città di confine tra Texas e Messico, l’italiano Strozzi e l’irlandese Doyle, entrambi contrabbandieri di alcol, si contendono il mercato a colpi di mitra. Tra di loro si mette il pistolero solitario John Smith, (apparentemente) privo di coscienza e interessato soltanto ai soldi…
Seconda rilettura de La sfida del Samurai di Akira Kurosawa (1961) dopo quella – ufficiosa – di Sergio Leone con Per un pugno di dollari. È un western in bilico tra classico e crepuscolare in cui le automobili sostituiscono i cavalli e le armi automatiche sostituiscono quelle a tamburo. La critica l’ha demolito accusandolo di manierismo, senza accorgersi che in realtà è un film d’autore in cui il pastiche di generi (cinema nipponico, hardboiled, noir, gangster, action movie alla John Woo, Polar alla Melville) diventa una cifra stilistica. Così come sono tratti decisamente autoriali l’ostentata inverosimiglianza di fondo, il ricorso ad una violenza esasperante ma stilizzata, le ambientazioni desolate e prive di calore umano: Hill rinuncia alla Storia e, attraverso un talento visionario incline alla metafisica, tende al mito, alla leggenda. Fino a sfociare nel fantastico. È un post-western governato dalla sabbia e dal sangue, dalla pioggia e dell’alcol. È un “post-noir” dominato, invece che dal nero, dall’ocra: Jericho, più che un paesino di frontiera, somiglia ad una succursale dell’inferno virata in seppia. Il lucido pessimismo di fondo riscatta solo in parte la mancanza d’ironia. Resta, comunque, un film estremamente personale, divertente, coinvolgente. Tutti bravi gli attori, specialmente il granitico Willis, Dern e Sanderson. Il titolo originale è un modo gergale per dire “l’ultimo uomo (rimasto) in piedi”. Tra i contributi tecnici si fanno apprezzare la fotografia di Lloyd n. Ahern e i costumi di Dan Moore, un po’ meno le pesanti musiche di Ry Cooder. Pare che molte trovate presenti nel film provengano da un racconto (1929) di Dashiell Hammett dal titolo Piombo e sangue. Alcuni critici (Morandini) l’hanno amato, altri (Mereghetti) odiato, ma nessuno gli è rimasto indifferente. Proprio come il cinema di Hill: nono conosce mezze misure.