Giovani e avvenenti, Ellie (Odette Yustman) e Stephanie (Amber Heard) sono due turiste americane che si addentrano nei luoghi reconditi dell’Argentina, viaggiando in bicicletta. Sembra una vacanza da sogno. Ma quando capitano in un paesino nei pressi del quale sono già sparite altre ragazze, la cosa si fa seria. Sulla loro strada anche il connazionale Michael (Karl Urban), che però sembra avere qualcosa da nascondere.
Esordio nel lungometraggio per Marcos Efron con questo libero remake dell’omonimo film del 1970, diretto da Robert Fuest (in Italia Il mostro della strada di campagna). L’inizio pare promettere bene, con un breve prologo che ci catapulta dritti nell’incubo della tortura, seguito da suggestivi campi lunghi dei paesaggi argentini. Altro di buono non si può dire. Personaggi tagliati con l’accetta (e non nel senso fisico, reale, tipo scena splatter, ma proprio in termini di caratterizzazione, qui quantomai approssimativa e cialtrona). Le due ragazze sono stereotipi viventi: la mora è l’ochetta scema, impulsiva e incosciente, la bionda è la timida, riflessiva e romantica (l’unica nota originale è che di solito affidano alla bionda il ruolo dell’oca). Il già visto e l’improbabile si inseguono, prendendo distanza dalla credibilità; il film ne risulta smaccatamente inautentico. I dialoghi di sicuro non aiutano, e certe battute come «È meglio separarci. Così potremo coprire più territorio» ci si aspettano da due guerriglieri americani nella boscaglia dei Vietcong, piuttosto che da un omone grande e grosso all’indirizzo di una ragazza spaventata a morte per la scomparsa dell’amica. Il resto della storia non contribuisce ad alzare il livello, anzi il tutto appare prevedibile fino all’ultimo fotogramma.