Quante volte seguendo la Notte degli Oscar vi è capitato di non essere d'accordo con le scelte dell'Academy? Quasi sempre, dite? Eh, noi della "combriccola" dei blogger lo sappiamo bene... e infatti abbiamo inventato un giochino davvero simpatico: proprio oggi ognuno di noi (vedi in calce a questo post l'elenco dei partecipanti) ha deciso, per una volta, di sovvertire i risultati ufficiali e provare a cambiare un verdetto già scritto: lo facciamo un po' per divertimento e un po' per 'risarcire' quelle che a noi paiono ingiustizie clamorose. Anche se poi, come al solito, è solo la scusa per scrivere e parlare di cinema. Con tutti voi .
Roberto Benigni lo ripeteva spesso ai tempi del suo trionfo con La vita è bella: "ti cambia la vita cambiare ristorante, figuriamoci un Oscar...". Vero è che i premi, come i soldi, non danno la felicità, però possono aiutare. E certamente vedendo (è una notizia di pochi giorni fa) il povero Mickey Rourke vagare disperato e trasandato per le strade di Hollywood, sfatto e irriconoscibile, consolato dalla giovane fidanzata (badante?) per una crisi di pianto, viene da chiedersi come sarebbe potuta cambiare la (seconda) vita dell'ex star di 9 settimane e 1/2 se in quel maledetto 2009...
Mickey Rourke piangente per le strade di Hollywwod, consolato dalla compagna
Già. A volte la vita è proprio una questione di sliding doors: nel 2009 Mickey Rourke ha la grande occasione per prendersi una rivincita verso quell'establishment hollywoodiano che lo aveva respinto in malo modo dopo avergli fatto assaggiare ben presto il denaro, la fama e la gloria. Naturalmente lo 'scapestrato' Rourke ci aveva messo molto del suo, dilapidando in pochi anni una carriera radiosa a causa del suo caratteraccio e delle sue pazzie (abuso di stupefacenti, interventi di chirurgia plastica, incontri di boxe più o meno fasulli), e si sa che l'ambiente losangelino non perdona certi eccessi, specie se collegati a scelte professionali sbagliate e flop clamorosi.Ma siamo in America, la Patria delle Opportunità. Che, come nei film, concede sempre una seconda chance: Rourke fino a quel fatidico 2009 era praticamente un attore disoccupato (unica parte di rilievo quella 'regalatagli' tre anni prima dall'amico Robert Rodriguez in Sin City, in cui non compariva nemmeno nei credits): per questo destò molto clamore la chiamata di Darren Aronowsky che lo volle a tutti i costi, anche contro la produzione, nel ruolo di protagonista nel suo nuovo film The Wrestler. Col senno di poi è facile immaginare perchè: The Wrestler è la storia di un lottatore in declino, vecchio e pieno di acciacchi, cui vengono diagnosticati problemi cardiaci che possono mettere a repentaglio la carriera sportiva e la sua stessa vita. Ma la sua vita è solo e soltanto lì, sul ring, e Randy "The Ram" Robinson è deciso a rimanerci fino all'ultimo giorno, all'ultimo respiro...
Rourke alla cerimonia degli Oscar 2009
Il film è chiaramente ispirato alla 'vita spericolata' di Rourke, che infatti vi si immedesima alla grande: i critici all'inizio snobbano la pellicola di Aronofsky, pur riconoscendo all'unanimità la toccante e convincente interpretazione del suo protagonista. Poi però, quando nel settembre 2008 il film viene selezionato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, si capisce che la carriera di Rourke è pronta a decollare di nuovo: l'attore infatti è in lizza per la Coppa Volpi fino all'ultimo minuto, raccogliendo consensi unanimi. Poi però ecco materializzarsi la prima delusione: a Venezia si sa che la 'ragion di stato' (leggasi la Rai, che versa munifici contributi alla rassegna lidense) è spesso preponderante nell'albo d'oro, e così il premio finisce nelle mani del nostro Silvio Orlando. Per Rourke è la prima, grande amarezza, appena mitigata dal fatto che The Wrestler, quasi a titolo di risarcimento nei suoi confronti, vince nientemeno che il Leone d'oro.Ma non finisce qui, Anzi, siamo appena all'inizio: The Wrestler, pur non facendo sfracelli ai botteghini, diventa rapidamente un piccolo film di culto, con schiere di ammiratori di nuovo in estasi per Rourke, ormai uomo-simbolo del film. Rourke riesce nell'impresa di convincere la critica, e comincia ad accumulare premi: Golden Globe, BAFTA, Independent Spirit Award, associazioni di categoria. Insomma, la tipica anticamera verso il premio più ambito (l'oscar, ovviamente).
in questa foto, ai tempi di "9 settimane e 1/2"
Ma l'Academy, al solito retrograda e conservatrice, sorda a chi si pone fuori dai suoi canoni, non si lascia convincere: ovviamente candida Rourke, mi si capisce fin da subito che per lui la strada sarà in salita. Anche perchè quello stesso anno (il 2009, appunto) c'è un competitor pericolosissimo: Sean Penn, già vincitore cinque anni prima con Mystic River, porta sul grande schermo Milk, la biografia del primo politico americano dichiaratamente gay... film perfetto per l'oscar, classico nell'impostazione, politicamente corretto, decisamente convenzionale, così come la recitazione di Penn. L'esatto contrario dell'interpretazione tutta cuore, muscoli e sangue di Rourke, che però non convince l'Academy. Rourke si presenta sul palco del Dolby Theatre vestito completamente di bianco, quasi a voler dimostrare la purezza della sua performance e l'inizio di una possibile seconda carriera. Spera fino all'ultimo che nella busta ci sia scritto il suo nome. Si aggrappa scaramanticamente ai braccioli della poltrona, quasi pronto a correre verso la statuetta...
Ma sappiamo com'è finata: Sean Penn vince il suo secondo oscar, e nessuno ovviamente osa contestare il verdetto. Ma tutti sanno che che quella statuetta la meritava Rourke, ed ipocritamente tutti vanno ad abbracciarlo e stringergli la mano. Però anche questo treno è passato. E stavolta, probabilmente, non ci saranno più fermate.
Lo "speech" che non avete sentito"Thank you, Academy!
Come direbbe Randy "The Ram", il personaggio del mio film, voglio dire che stasera sono particolarmente felice di essere qui. Perchè è bello rivedervi, anche quelli che non rivedevo da tempo. Sono invecchiato, sono un po' matto, non ci sento più bene come una volta, ma sono ancora qui! Sì, sono ancora qui! E gli unici che potranno mandarmi via da questo palco, gli unici che potranno dirmi che non sono più all'altezza, siete solo voi. Siete la mia unica famiglia, ed è solo per voi che trovo la forza di continuare. Grazie a tutti, e che Dio vi benedica!"
So long, Mickey.
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