A rileggere i miei ultimi post, se ne evince una figura di donna sull’orlo di una crisi di nervi, che, peraltro, non mi corrisponde.
Come tutti, ho giorni sì, giorni no, e giorni forse. Ma per certo non son depressa, e sovrintendo ancora decorosamente alle mie giornate. Esaurita, non saprei, che l’esaurito, è notorio, di solito non sa di esserlo. Stanca, senz’altro sì. Come molti, come troppi.
Il senso del post precedente, in realtà, andava in un’altra direzione. Il fastidio, questo sì, fisico, nei confronti di quanti (e non son pochi) si permettono di giudicare la vita (mia ed altrui) per stereotipi.
E’ un atteggiamento che trovo insultante.
Sei lì, col tuo carico di stanchezze, coi tuoi pesi da portare, e ti ritrovi di fronte a gente con cui non hai nulla da spartire (e con cui nulla hai spartito in precedenza) che si permettono di dare giudizi.
O di dirti, e accade spesso, che sei fortunata. Con quella venatura, neppure troppo sottesa, che vuol significare che in fondo sei un’ingrata. Che poi, te lo venissero a dire un cassintegrato a zero ore, un pensionato al minimo, una famiglia monoreddito con tre figli a carico, potrei pure capire (e magari vergognarmi un po’, in effetti), ma normalmente il pulpito è frequentato da gente che se la passa più che decentemente, e con cui la vita non è stata meno generosa che con me.
Ecco, il senso di quei post, andava soprattutto in quella direzione.
Poi, a latere, debbo dire che la mia vita, così com’è combinata, mi piace. Forse in questo periodo non esageratamente, ma, invero, è un problema di contesto, più che di sostanza. Quindi s’ha da aspettare che il contesto muti, e questa crisi, che rende tutto fottutamente più difficile, inizi ad allentare la sua morsa. Che qui, poi, il problema non è tanto la crisi, è che son saltati schemi ed equilibri, e pare di stare sulle montagne russe.
E a forza di stare sulle montagne russe tutti i giorni, dopo un po’ ti marei.
La realtà è che se dovessi tirare il freno a mano, opzione che ho più volte considerato, smetterei di essere la me stessa con cui ho avuto a che fare per quarant’anni, e non so se sarei in grado di venire a patti con un’altra me.
Perchè una sola cosa, forse, mi terrorizza davvero, voltarmi e chiedermi cosa ne è stato di quel tempo ormai inesorabilmente dietro le spalle.Se dovessi voltarmi adesso, vedrei un turbinio di facce, nomi, risate, incazzature, amore dato, amore avuto, delusioni anche. Però quel che vedo, nell’insieme, mi piace.
Forse la mia è bulimia di vivere, o forse amore per la vita. Ah, saperlo…