Magazine Diario personale
Lasciare l’Italia dopo una meravigliosa avventura con un branco di cuccioli tra le colline e il mare di Romagna, comprensiva di delizie agroalimentari, struggenti affetti familiari, bruciori da meduse, calvari di zanzare, vomitate dal mal d’auto, gelati a tappeto, corse dall’umanissimo pediatra romagnolo che risolve tutto con sorriso e purga (la Sanità italiana sarà anche “mala”, ma i sanitari sono ancora “boni” e capaci di diagnosi senza trasformarsi in jubox per analisi, test, radiomagnetoscannoecosonografie a gettone) è un esercizio di profonda malinconia. Neppure la promessa di ignorare i giornali e di non guardare mai i TG (promessa mantenuta) per 15 giorni evita di sapere che il futuro dell’amministrazione nazionale è affidato a lettere anonime di qualche servitorello del regime su una cucina da 4 mila euro – braccino corto – forse acquistata dal Presidente della Camera e destinata a chissà quale appartamento, nel liquamene del familismo che ammorba ogni scelta. L’Italia produce il solito, doppio, contraddittorio e schizofrenico sentimento: un desiderio cocente di restare, ignorando il miserabile orrore che la impregna, e un desiderio bruciante di andarsene, per non assistere più al miserabile spettacolo che ogni giorno chi la dovrebbe rappresentare offre, direttamente o indirettamente. Buona fine Agosto,
VITTORIO ZUCCONI