Andatevene tutti affanblog

Creato il 15 febbraio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Il post che segue fa riferimento a quello di oggi di Queenseptienna, se ancora non l’avete fatto, andatevelo a leggere per il contesto. Inoltre contiene turpiloquio. Come è giusto che sia, giacché, per parafrasare Funari, se uno è coglione non gli puoi dire stupidino, gli devi dire coglione.Inoltre, ho scoperto dell’iniziativa menzionata nel post solo a posteriori e qualora ne fossi stato a conoscenza non ne avrei preso parte perché il libro non rientra nel mio genere.

La posso dire una cosa, blogger italiani? Una cosa soltanto. Andatevene affanculo.

Sul serio. Tutti. In massa. Senza voltarsi indietro. Io incluso.

Primo perché abbiamo perso un’occasione per ottenere dei dati statistici su un fenomeno che esiste e blogger ed editori lo sanno benissimo. Sappiamo per dato di fatto, ad esempio, che i lettori forti, pur essendo una pallida minoranza della popolazione, sono quelli che comprano più libri. E sappiamo anche che i lettori forti spesso e volentieri bazzicano blog letterari e non di rado grazie a essi scoprono libri da acquistare – o da evitare. Tuttavia il “potere di leva” dei blog non è un fenomeno facilmente quantificabile.

Accidenti, se solo ci fosse un modo per quantificare dei fenomeni complessi… oh, wait, esiste e si chiama ricerca sociale.

Si riduce un fenomeno a degli indici semplici, ad esempio il fenomeno “potere di leva dei blog letterari”, e lo si inferisce dalla variazione dei dati di vendita di un libro prima e dopo una copertura dei sopracitati blogger. Non ci vuole un genio. Causa ed effetto, bambini, non scienziati nazisti cattivi e cavie da laboratorio, come qualche mente illuminata ha scritto. Tra l’altro se chi si occupa di ricerca sociale ragionasse (nel senso lato del termine, quello che prevede l’assenza di ragione nell’atto del ragionare), a oggi non avremmo, perché sarebbero state considerate manipolazioni, dati in grado di quantificare fenomeni come il razzismo, la xenofobia, le differenze di genere e così via.

Il che mi porta al motivo numero due perché i blogger italiani dovrebbero andarsene in massa a fare in culo e non tornare mai più.

Ogni giorno leggo un determinato blog di cui non farò il nome. La persona che lo cura ha la tendenza a piangersi addosso e raccontare ogni tre per due la storiella del blogger paria sociale incompreso in un’Italia brutta e cattiva che lo ignora perché, appunto, blogger. A parte la quotidiana frecciata passivo-aggressiva il blog non fa schifo, e anzi ho seguito più di una volta i suoi consigli in ambito letterario.

Esecrabile o meno, quel blogger è lo specchio perfetto del tipico blogger italiano. Uno o una a cui piace lamentarsi ma a cui manca la voglia, il coraggio o la capacità di cambiare le cose. Perché quello che mi è arrivato leggendo di questo esperimento sociale è che il blogger italiano sta bene nel suo cantuccio di mondo, magari facendosi arrivare i libri (rigorosamente cartacei) dalle case editrici con cui collabora e recensendo gli amyketti. Il blogger medio italiano non vuole sapere realmente quanto vale in termini di influenza sulle vendite, perché altrimenti questo implicherebbe un ripensare il proprio ruolo o – Cthulhu ce ne scampi – addirittura una riflessione fondamentale sul concetto stesso di literary blogging.

Poi può darsi che ci sia stato un misunderstanding, ma in realtà non c’è scusa all’avere voltato le spalle alla possibilità di sapere quanto veramente pesiamo noi blogger letterari sul mercato editoriale – peso di cui, senza dubbio, si sarebbe potuto fare buon uso in un mercato allo sfascio come quello su cui blogghiamo.


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