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Il sole picchia sulla pelle, il sudore scende lungo la schiena, le infradito scricchiolano contro i ciottoli del sentiero, le gambe procedono in automatico. Uno zainetto sulla spalla, pantaloncini, canotta e, sotto, un solo costume: l’acqua ti bagna, il vento ti asciuga, cita un detto pugliese. Alla fine del sentiero, superata una zona boschiva, le calette d’acqua limpida e fresca di Torre Guaceto, nella provincia brindisina. Ci si arriva con l’auto percorrendo la superstrada e sai che sei in dirittura d’arrivo quando, partendo da Brindisi, scorgi la torre aragonese che s’affaccia sul mare, punto strategico per l’avvistamento di pirati e nemici. Entrare in quella torretta è come entrare in un mondo antico, la pietra viva rinfresca l’anima e tutto attorno il mare azzurro e limpido. Allargando ancora lo sguardo la riserva, fatta di canne e paludi, che preserva un microclima unico nel suo genere. Questa è l’ambientazione della graphic novel di BeccoGiallo Aspettando il vento, tratta da uno spettacolo teatrale volto a far scoprire la magia di questo luogo. Una porta nel tempo, il varco verso una realtà naturale in cui, a farla da padrona, sono gli uccelli, le varie specie che si apprestano ad emigrare, quando sarà giunto il tempo giusto. Questo è il luogo privilegiato, tappa obbligata dagli stormi prima di partire verso l’Africa. I protagonisti della storia sono tre bambini: Arturo, un ragazzino balbuziente di 9 anni, arrivato nel paesello di Serranova per il lavoro del padre che fa il capostazione. Poche case e pochi abitanti a Serranova, lui cerca di riempire il tempo correndo in bicicletta perché è così lungo, il tempo, nelle torride estati del meridione d’Italia. Arturo ha un’unica amica, Caterina, appassionata dei processi migratori degli uccelli. Una tipa strana questa Caterina: lei gli racconta tutto sugli uccelli, quando partono e perché, il loro peso e i tragitti che compiono. Caterina lo invita a seguirla, con i suoi amici, a Torre Guaceto. Arturo, però, non può : per sua madre è inconcepibile che s’allontani tanto da casa, soprattutto per sparire, di notte, in quella striscia di 7 km di natura incontaminata. Cosa resta da fare a un ragazzino in possesso di una bici e con il gran desiderio di seguire i propri impulsi? Arturo la inforca la bicicletta, e lì vede Andrea. Andrea non parla quasi mai ma ha un grande estro, anche lui ama gli uccelli ma in modo diverso, crea un capanno galleggiante per osservarli senza che questi si spaventino. Arturo entra nel capanno con Andrea e quando s’affacciano la notte mostra loro un cielo nuovo, incontaminato, con stelle enormi, come Arturo non le aveva mai viste. Vengono colti da un desiderio grande, folle, quello di volare per perdersi in quella immensità, per seguire gli stormi, a partire, però, sarà solo uno di loro…
Bruna Cocciolo, Master Accademia Drosselmeier