Con il romanzo I 300 di Roma, Andrea Frediani ci riporta indietro nel tempo fino agli albori della Repubblica, svelando un episodio ai più sconosciuto: lo sterminio della gens Fabia per mano dei Veienti. Anche Roma ha, dunque, avuto i suoi 300, proprio come gli spartani alle Termopili, appena tre anni dopo il celebre episodio che ebbe per protagonista Leonida.
Gli eroi romani in questione avevano una caratteristica particolare: appartenevano tutti quanti alla famiglia dei Fabi e da anni erano impegnati in una guerra personale, diciamolo pure, privata, contro gli abitanti di Veio, una delle città etrusche della zona, che minacciavano da presso i confini dell'Urbe e, più ancora, quelli dei loro ricchi possedimenti.
Costruita una fortezza sul fiume Cremera, al confine col territorio nemico, guidati dai due fratelli Marco e Vibulano, i Fabi condussero una lunga serie di razzie, finché non si spinsero troppo lontano, cadendo in un'imboscata in cui vennero sterminati. Solo un bambino, Quinto, rimasto a casa perché non in età per combattere, sopravvisse alla carneficina: a lui sarebbe spettato, in seguito, di riportare la famiglia agli antichi fasti.
Frediani, squarciando il velo dell'oblìo, ricostruisce la vicenda e quei sanguinosi eventi, sospesi tra storia e leggenda, che riempiono di aneddoti le origini dell'Urbe, restituendo ai protagonisti le ambizioni, le passioni e le pulsioni degli eroi che hanno fatto grande Roma.
Si tratta di un romanzo breve che racchiude l'ordito in un lasso di tempo ben preciso, soffermando la sua attenzione su soltanto quattro personaggi: Marco, il membro più eminente della gens, valoroso, impeccabile, il perfetto archetipo insomma dell'eroe romano; Vibulano, il fratello cadetto, generale e condottiero di riconosciuto valore, ma, dismessa la corazza, inadatto a vivere appieno la grandezza della virtus romana; Gaio, il figlio di Vibulano, debosciato, codardo, viziato, cresciuto nel lusso e nei privilegi, incapace di essere all'altezza delle aspettative in lui riposte; Clelia, la misteriosa schiava etrusca, bellissima ed inquietante, che nasconde un segreto che porterà tutti i protagonisti alla rovina.
Sullo sfondo di un Lazio arcaico, in cui la vita trascorre seguendo le stagioni dell'agricoltura e della pastorizia, si innestano razzie, scontri e brutalità che hanno ben poco di eroico ma che rappresentano le basi su cui è nata e si è sviluppata la potenza romana.
Frediani, che ben conosciamo per la sua ampia e rimarchevole produzione di romanzi storici di grande appeal, se da una parte si conferma per la sua prosa scorrevole e lineare ed il suo stile asciutto e conciso, questa volta sembra però eccessivamente frettoloso e didattico, dando l'impressione quasi di volersi fermare ad uno strato superficiale piuttosto che provare ad andare in profondità dando spessore e vitalità al racconto e ai personaggi. Dunque, più un affresco storico che un romanzo tout court, in cui le vicende seguono il loro naturale corso senza dare troppo spazio alla fantasia e alla creatività. Se le situazioni belliche sono narrate con la consueta precisione e crudezza, è la parte di analisi psicologica dei personaggi che non soddisfa pienamente. Il rapporto conflittuale tra padre e figlio (Vibulano e Gaio) che è al centro del racconto, fulcro e punto di non ritorno per gli eventi successivi, avrebbe forse meritato un approfondimento ed un'articolazione ben più generosa ed epica.
I 300 di Roma è pertanto un'opera che, pur apprezzabile nella tematica e per le intenzioni, lascia un po' d'amaro in bocca finendo per ridursi ad uno sguardo troppo rapido e furtivo sugli eventi che difficilmente potrà rimanere indelebile nel ricordo del lettore.