C'è una leggenda che gira tra i ragazzi di Pescara, una leggenda che non pare frutto di chissà quale fantasia visto che a raccontarmela è proprio il figlio di un compagno di classe di Andrea Pazienza. Ebbene si tratta di questo: pare che un professore all'esame di maturità chiese all'artista nato a San Benedetto del Tronto nel 1956 di disegnare un ragazzo e che Pazienza prima di cominciare domandò: "Da dove vuole che inizi?". Il professore rispose: "Dall'unghia dell'alluce del piede". E Andrea Pazienza da lì partì e senza staccare la matita dal foglio diede vita ad un ragazzo.
Pazienza si trasferì a soli dodici anni a Pescara dove frequentò il liceo artistico. La sua genialità era già indiscussa; del resto egli stesso affermò di aver fatto il suo primo disegno a diciotto mesi: il soggetto era un orso.
Era figlio d'arte. Suo padre, Enrico Pazienza, oltre ad essere insegnante di disegno era un grande acquerellista: purtroppo nel 1998 morirà prematuramente anche lui, esattamente dieci anni dopo la tragica scomparsa di Andrea.
Nel 2005 ho visitato l'antologica a lui dedicata che ha avuto luogo al Complesso Monumentale del Vittoriano a Roma. La mostra, curata da Mariella Pazienza, sorella di Andrea, e da Vincenzo Mollica, aveva una sezione dedicata ad Enrico Pazienza.
Il testo introduttivo del catalogo venne redatto da Roberto Benigni; ne riporto un piccolo brano: "Andrea era vicino a tutte le età; poteva essere un bambino e un vecchio, una donna e un uomo, un animale o una biro. Era eclettico ed anche molto bello: aveva la gioia di vivere negli occhi. Era il capostipite di una grande scuola che non ha avuto poi nessun allievo prediletto perché era inimitabile, un talento irripetibile".
Il percorso espositivo cominciava proprio con una decina di acquerelli di Enrico e, passati ormai dieci anni da quell'evento, posso solo dire che mi colpirono per la loro straordinaria bellezza; le pennellate volutamente lasciate a metà rivelano con l'inespresso molto più di quanto non si possa comunicare con una tela riempita in ogni suo spazio. Non vale lo stesso per i disegni del figlio. Dai colori tenui degli acquerelli si passa ai colori forti e vibranti dei pennarelli e alla linea fitta e marcata dei fumetti. E qui il bello delle tavole risiede in un modus operandi che ribalta quanto visto nella sezione dedicata al padre; ci si potrebbe perdere per una giornata intera tra le trame dei disegni di Andrea Pazienza, disegni in cui ogni singolo trattino è un'autostrada che ti porta da una parte all'altra del foglio.
Durante la visita suonava in sottofondo Milano e Vincenzo, una canzone di Alberto Fortis datata 1978 il cui ritornello era ripetuto fino allo sfinimento. Istintivamente ricordo di aver subito pensato a Vincenzo Sparagna ed alla rivista Frigidaire. Insieme a Sparagna, Andrea Pazienza fondò una vera e propria corrente artistica che ancora oggi annovera adepti, il Maivismo. L'arte Maivista, ironica e beffarda invenzione che vuole richiamare lo stupore provocato dal lavoro del duo, partì da alcune battute di commento fatte da Andrea ai disegni di Vincenzo; era il 1985 ed il tutto si concretizzò con l'uscita in edicola di Frìzzer. Oggi il fumetto ha per molti un gusto vintage, ma in quegli anni il settore era più che fiorente e ci ha lasciato un'eredità che pochi hanno sfogliato e che andrebbe (ri)scoperta e studiata.
Per Pazienza gli anni '80 furono ricchi di gloria (insegnò e, oltre ai fumetti, realizzò manifesti cinematografici, copertine di dischi, videoclip, campagne pubblicitarie), ma anche di grande sofferenza; il vortice dell'eroina lo risucchiò fino ad ucciderlo nel 1988. Non gli fu risparmiato l'epiteto di "tossico"; e, purtroppo, è certo che lo fosse.
Nel 2002 esce nelle sale cinematografiche il film di Renato De Maria, Paz!. Tratta dalle opere del fumettista, la pellicola ruota attorno a tre personaggi (Massimo Zanardi, Pentothal ed Enrico Fiabeschi) che non interagiscono tra loro e le cui vicende, caratterizzate da un ritmo frenetico e statico allo stesso tempo, hanno in comune soltanto un appartamento sito al 43 di via Emilia Ponente (siamo nella Bologna degli anni '70). Recita una recensione che accompagna una scheda del film rintracciata sul web: "Grande assente: l'eroina"; ancora una volta viene dato alla droga il merito della creatività e non il torto di averlo privato della vita.
Mi piace, infine, ricordare il bel cartone animato intitolato Uffa! Che Pazienza (2008). Cinquantadue episodi ispirati da Favole, un libro per bambini che Pazienza scrisse ed illustrò nel 1986 per Lorenzo Paganelli, figlio del suo amico editore Mauro Paganelli. Il volume, pubblicato per la prima volta solo nel 1998, fu colorato dalla talentuosa artista Marina Comandini che sarebbe poi diventata sua moglie.
Pazienza concluse la sua carriera con un'opera intitolata Gli ultimi giorni di Pompeo. Molti vedono in Pompeo, eroinomane che ha deciso di porre fine alla propria esistenza, il suo alter ego; quasi come se la dipartita dell'artista fosse stata frutto di una scelta precisa e non una tragica fatalità. Io credo invece che Andrea abbia vissuto la dipendenza dall'eroina come una malattia dalla quale non c'è scampo, come fosse il "segno di una resa invincibile".