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Andrew sean greer, intervista al romanziere del tempo

Creato il 07 dicembre 2013 da Postpopuli @PostPopuli

 

di Giovanni Agnoloni

Andrew Sean Greer, intervista al romanziere del tempo

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Recentemente definito dal “Corriere della Sera” il miglior scrittore americano vivente, Andrew Sean Greer, autore de Le confessioni di Max Tivoli (Adelphi, 2006) e La storia di un matrimonio (Adelphi 2008 e 2011) (tratto dal precedente racconto La ballata di Pearlie Cook, sempre edito da Adelphi, 2009), è recentemente venuto in Italia per le prime presentazioni europee del suo ultimo romanzo, Le vite impossibili di Greta Wells (Bompiani, 2013), appena uscito.

Domenica scorsa ho avuto il piacere di assistere proprio alla primissima presentazione, nel caffè letterario “La Cité”, in Borgo San Frediano, a Firenze, che con questo evento ha celebrato la propria rinascita, dopo le recenti vicissitudini dovuta alla (ora fortunatamente sospesa, e già fortemente contestata dai fiorentini) ordinanza di chiusura serale alle 23. La vita culturale di Firenze ha così beneficiato di una calorosa infusione di alta qualità letteraria, coniugata con una spiccata capacità di coinvolgere i lettori in storie avvincenti.

Dopo aver descritto, con alcune affinità con Il curioso caso di Benjamin Button, di Francis Scott Fitzgerald (Donzelli e Guanda, 2009), il singolare percorso di vita di un uomo che nasce vecchio e, via via che il tempo passa, ritorna giovane – parlo de Le confessioni di Max Tivoli – ed essersi immerso nei suadenti e inquietanti segreti di una coppia sposata in La storia di un matrimonio, ne Le vite impossibili di Greta Wells Greer tratta il tema degli universi paralleli.

Questo libro, infatti, riguarda la vita/le vite di una donna, Greta Wells, appunto, colpita da una forma di depressione dopo aver perso delle persone a lei molto care, e che viene sottoposta a una terapia di elettroshock nel 1985, e il giorno dopo si sveglia nel 1918… Ma poi si sposterà anche nel 1941, dovendo così affrontare esperienze molto diverse in scenari affascinanti, benché popolati dalle stesse figure che appartenevano al suo presente (iniziale); eppure, non sono esattamente le stesse persone.

Un esperimento letterario molto interessante – poiché non si tratta di un semplice viaggio nel tempo, ma di una riflessione sui vari possibili risvolti del Multiverso –, per un autore che, rispondendo alle interessanti domande di Vanni Santoni, durante la presentazione, ha rivelato di stare attualmente lavorando a un romanzo di fantascienza. Così facendo, Greer conferma l’impressione generale che si ricava dalle sue opere: il fatto che non sono solo profonde e scritte con grande perizia letteraria, ma capaci di coprire territori narrativi molto ampi e variegati. Infatti, come lui stesso ha sottolineato, cent’anni fa nessuno avrebbe avuto niente da ridire sul fatto che scrittori come H.G. Wells (si noti il cognome…) o Jules Verne utilizzassero stilemi fantascientifici, o comunque fantastici, e così dovrebbe essere pure oggi.

In effetti, il mix, o se preferiamo l’alternanza o la miscela di diversi generi, in un singolo libro o lungo l’arco della carriera di uno scrittore, è un aspetto importante di tutta la letteratura postmoderna – della quale presto mi occuperò più a fondo, in una serie di articoli che verranno pubblicati su questo blog –, e io penso che le opere di Andrew Sean Greer possano considerarsi tra le più interessanti espressioni del Postmodernismo – o magari del Post-postmodernismo.

 

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Andrew Sean Greer (da ultimaora.net)

1. Vorrei prima di tutto farti una domanda sulle tendenze generali della tua scrittura, e in particolare sul tuo approccio ai dettagli “minimi” rivelatori della verità, nelle tue storie. Per esempio, uno legge il capitolo 5 e improvvisamente scova una piccola informazione che poi, nel capitolo 6 o nel 7, si svilupperà in un elemento importantissimo per la trama, che in qualche modo lo coglierà di sorpresa. Questo è il risultato di una tecnica, nel senso che lo pianifichi prima, o nasce dal tuo profondo?

- L’effetto che uno scrittore vuole produrre nei suoi lettori è, in effetti, quello di averlo pianificato prima. Ma la verità è che tu scrivi, via via, e ti trovi a scoprire delle cose, e poi torni indietro e revisioni, e revisioni di nuovo, e poi revisioni ancora… In effetti, è un processo di scoperta… ed è sconvolgente!

2. Un’altra cosa che ho notato, è che è fondamentale nella tua scrittura, è il contrasto tra realtà e apparenza: parlo di situazioni che dall’esterno sembrano essere in un certo modo, ma poi si rivelano completamente diverse, per cui il lettore viene costantemente spiazzato. In questo tuo approccio alla costruzione delle storie c’è un riferimento alla tragedia greca, in cui tale contrasto svolgeva un ruolo così importante?

- Beh, non a livello cosciente, ma è indubbio che io sono influenzato dai romanzi ottocenteschi, e sicuramente i loro autori subivano un simile influsso. A me piace che i libri incoraggino i lettori a riflettere su se stessi; altrimenti sarebbero mero intrattenimento.

3. Il fatto che tu riesca a farci provare con tanta intensità le sensazioni dei tuoi personaggi è il frutto della tua curiosità verso le persone, che magari hai sviluppato attraverso i tuoi viaggi e le tue esperienze, o il risultato di un percorso psicologico dentro te stesso, che in qualche modo rispecchia le esperienze degli altri?

- Sono in molti a dirmi che le mie storie ricordano loro qualcuno… Ma penso che sia più che altro la seconda cosa: cioè, io prendo atto del mio stato d’animo e poi lo riconosco in altri. Vorrei poter dire che l’effetto dipende dalla mia capacità di sentire le emozioni altrui, dimostrandomi compassionevole e generoso, ma la verità è che conosco piuttosto bene me stesso, e in qualche modo riesco a interagire con sentimenti simili che anche altre persone provano.

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