Andrzej Zaniewski
Poeta, prosatore, autore di testi di canzoni, è nato a Varsavia il 13 aprile 1939. Debuttò nel 1957 con la poesia “Alle ragazze”, pubblicata nel supplemento “La nuova ondata” del giornale “La voce del litorale”. Nel 1958 entrò a far parte del guppo poetico “La scuola dei grafomani”, che era piuttosto un cabaret artistico-letterario. Nel 1964 terminò gli studi di storia dell’arte all’Università di Varsavia. Fu uno dei fondatori del club “Hybrydy” – che per molti anni svolse il ruolo di centro culturale studentesco. Da esso emersero molti letterati, musicisti, artisti del teatro e del cinema. Nel 1967 uscì il suo primo volume di poesie, dal titolo “Davanti a me”, cui fecero seguito le raccolte “Il viaggio”, “Faccia a faccia”, “Poema odierno”, “La speranza arriva al crepuscolo”. Il suo romanzo più famoso è “Il ratto”, tradotto in più di 30 lingue; in Italia è stato pubblicato da Longanesi nel 1994 con il titolo “Memorie di un ratto” (trad. di Luca Bernardini). Ha ricevuto diversi prestigiosi premi per la sua opera letteraria. Lo scrittore e saggista Piotr Giedrowicz, che ha curato l’edizione delle “Poesie scelte” di Andrzej Zaniewski, publicata dalla casa editrice Ludowa Spółdzielnia Wydawnicza (Varsavia, 2007), scrive nella sua introduzione: “Trapela dalla sua poesia una profonda conoscenza della natura umana…L’opera dell’uomo non sempre nasce per grazia di Dio, e la storia non sempre è maestra di vita, gli uomini però invariabilmente, come avvoltoi, lottano per la preda. Nel mondo degli animali ciò è naturale e per certi versi necessario, ma tra gli uomini civili e civilizzati? Leggendo le poesie di Andrzej Zaniewski vale la pena, sia pure per un breve istante, riflettere anche su questo”. Di se stesso il poeta scrive: “Per tutta la mia vita creativa ho combattuto contro l’ideologia, la filosofia, la politica, le ambizioni, una grave malattia, infine contro il passato; tutto ciò appariva all’improvviso, come minaccia o come rammarico. Ho rivaleggiato anche, come altri, col Destino, la Predestinazione e la Storia. Spesso ho subito sconfitte…Fra lo scrittore e il lettore il filo dell’intesa spesso è più sottile di un capello. Mi chiedo quindi: bisogna lottare per essere uno scrittore conosciuto, a costo di complimentare il lettore, di mostrargli cenni di assenso, ovviamente il più delle volte camuffati, nascosti dietro più di una maschera, allo scopo di non procurargli dei complessi? O piuttosto bisogna non tirarsi indietro davanti a nessun tabù, non temere le scale e i vicoli bui, dire non ciò che da noi si aspetta, ma ciò che ci aspettiamo da noi stessi”?
Poesie di Andrzej Zaniewski tradotte da Paolo Statuti
Riflessioni femministe
La donna non è soltanto donna,
nella donna è nascosto un uomo,
e in lui una successiva donna, o un successivo uomo,
un secondo, un terzo, un quarto.
L’uomo nella donna può essere muscoloso, veggente,
vecchio o monello, attore o detective.
Alla donna non piace l’uomo in se stessa, non piace ufficialmente,
perché in realtà gli permette più di una donna mascherata
nascosta in lui.
L’uomo nella donna può essere ermafrodito,
narciso, campione di karatè, esibizionista,
lillipuziano o grande di cuore o boia
vergognoso della propria crudeltà.
La donna dunque è a un tempo se stessa,
uomo nascosto e successiva donna – fata
in un uomo sconosciuto.
Non è tutto.
La donna è anche un bambino,
in lacrime, urlante nell’uomo
o nella successiva donna, che gioca
a nascondino senza sapere con chi.
Il resto è un mistero.
* * *
L’inquisitore non voleva essere inquisitore,
ma insegnante di lingue.
Il soldato non voleva essere soldato,
ma collezionista di orchidee.
Il boia sognava di veleggiare
verso i mari del Sud.
Il minatore aveva paura
del pozzo scuro dell’infinito.
Soltanto il poeta ad ogni costo
voleva essere poeta.
Che dramma!
* * *
Tanto parlavi mamma del sole
forte e buono
stupendo e giusto
Per molti anni
su molte strade
guardavo come sorge e tramonta
Per molti anni
in milioni di finestre
a dispetto del grigiore
catturavo i raggi che perforavano le nuvole
e raccoglievo il ferro vecchio dell’iride
Per molti anni
vedevo sui volti
disperazione e amarezza
odio e paura
Tanto parlavi mamma del sole
e gli uomini intorno alzano contro se stessi
i suoi raggi
* * *
Madre di Dio, proteggi i giovani uccelli
e proteggi i vecchi uccelli, e proteggi noi
che proteggiamo gli uccelli che riposano,
e proteggi il nostro amore per il chiasso su di noi,
e i nostri sogni sugli uccelli,
le nostre deboli ali, quelle maldestre
e quelle che portano in alto.
Madre di Dio, proteggi gli uccelli che volano dovunque,
e i nidi nascosti nel muro, e quelli visibili
da lontano, e difendi gli uccelli appena nati e aiuta
quelli malati, affamati, infreddoliti.
Madre di Dio, proteggi i giovani uccelli, che con coraggio
sperimentano le proprie forze e gli uccelli maturi
ma smarriti, che hanno perso
l’orientamento in volo.
Don Chisciotte si pulisce gli occhiali
Ti fermi davanti ai mulini a vento. Te lo aspettavi
che ce ne sarebbero stati tanti, da colmare il giorno
e la notte, e il mattino, di nuovo fino alla sera?
Non ne hai abbastanza di scontrarti
con la tempesta, col ronzino, perfino col tuo scudiero?
E per chi ti batti?
Per una donna paffuta,
che forse dorme non solo con te?
Per i suoi capricci, perché vuole un cavaliere
con lo scudo e la corazza, con lo sguardo stralunato?
Ti abbaglia con le giarrettiere, e tu in ginocchio
le giuri eterno amore, e poi a cavallo!
Ronzinante rauco ti porta lentamente
nello spazio immaginato. Sancio Pancia sbadiglia,
sognando una birra fredda e un cetriolo. E tu
insegui fantasmi, cerchi maghi,
dai la caccia a chi non esiste, lotti per le idee…
Ti deridono poveri e ricchi,
e ti ordinano di pagare ovunque e per tutto,
spietati e inflessibili di fronte alla tua debolezza.
Ma quando ormai sei completamente avvilito,
sconfitto, percosso, vicino al suicidio, solo
senza amici, senza ombra della donna nella quale confidavi…
Quando pensano che ti hanno sconfitto, che
la stanchezza ti ha tolto le forze…Tu ti pulisci le spesse lenti,
così, semplicemente, come se nessuno ti avesse mai sconfitto,
ti sollevi, esci, sali sul tuo ronzino
e con la lancia punti le schiere di mulini
all’orizzonte
* * *
Poveri cani degli innamorati!
Tristi e impotenti stanno accovacciati, borbottano.
Si annoiano, scodinzolano, aspettano che finisca
il lungo bacio.
Ma gli innamorati vedono soltanto se stessi,
e ascoltano soltanto il proprio polso.
Poveri cani degli innamorati nelle passeggiate serali
borbottano lamentevoli e scontenti,
a volte danno uno strattone al guinzaglio o
ti toccano con la zampa.
Allora l’egoista grida: – Fermo! Giù!
E il cane piange rannicchiato tra i piedi.
Ti prego…Anche se ti lusinga il miraggio dell’amore,
pensa un po’ anche al tuo cane.
* * *
Il muro, davanti al quale stiamo
è sempre più alto.
Non è vero: le nostre forze calano
- per questo ci sembra che il muro cresca.
Ci illudiamo:
il giorno seguente ci darà forza,
riusciremo a superarlo.
Aiutami, cara, a diventare un uccello,
aiutami a diventare una nuvola,
aiutami a diventare una foglia
di un albero morto.
Non facciamoci illusioni:
Il muro, davanti al quale aspettiamo,
sono le nostre ombre
al tramonto del sole.
* * *
Diciamo: Polonia – cioè tu ed io
e il bosco per cui andiamo
radiografato dal sole
il boschetto dei bronzi di quercia e di bianco-betulla
le spighe d’erba chine sul nido dell’allodola
Diciamo: Polonia – cioè tu ed io
e i muri delle fabbriche
fruscianti come rive
d’un mare immaginario
e le linee dell’alta tensione
che volano fino alle nuvole
e legano tra loro i bianchi orizzonti
I nostri sguardi s’intrecciano nei cespugli
dove i fringuelli a primavera suonano i loro canti
e nelle nuvole girano eternamente i falchi
dove le bianche pietre
come ossa gettate via
segnano la strada percorsa
e la strada davanti a noi
Tali sono gli orizzonti dei nostri destini
quotidiani sentieri di riflessioni e piani
noti eppure sempre segreti
consueti eppure continuamente nuovi
passaggi nella storia
strade infinite
sogni di uomini che bramano la pace
Tali sono i nostri frutti migliori
buoni e caldi
assolati amati
frutti – pensieri
frutti compiuti
frutti di mani e frutti di occhi
mele di primavera e quelle più tardive
che maturano alle soglie dell’inverno
staccate dalla mano e conservate
come antichi testi o raccolte di poesie
La Polonia è l’orizzonte davanti a noi
dove ognuno ha la sua croce
silenziosa sperduta vecchia
la memoria
- una barca condotta sull’acqua profonda
La Polonia è la nostra strada attraverso i giardini
attraverso i cigli delle rocce
e le rive agitate
- la strada che conduce in noi stessi
Andiamo
Andiamo
(C) by Paolo Statuti