di Michele Marsonet. Che l’Unione Europea, così com’è oggi strutturata, faccia acqua da tutte le parti è un fatto ormai noto a tutti. Le crepe si stanno rapidamente trasformando in voragini, e la presa di posizione francese contro un’austerity che alla fine rischia di strangolare tutti, inclusi i Paesi che si autodefiniscono virtuosi rampognando in continuazione gli altri, mette ulteriormente in luce una situazione di sofferenza che soltanto una ristretta cerchia di burosauri ottusi può permettersi di ignorare.
Del resto la Francia, pur essendo in crisi, conserva un peso specifico ben diverso dal nostro e di quello delle tanto vituperate nazioni della parte meridionale del continente. Se a dire “basta” fosse stata l’Italia il tutto si sarebbe esaurito nei soliti sorrisini di prammatica che vanno di moda nell’Europa del Nord. Se invece lo dicono alcuni pesi massimi del governo di Parigi la questione cambia. Difficile ignorare l’alt che proviene da Oltralpe. I nostri – pur riluttanti – cugini saranno anche in crisi, ma conservano comunque voce in capitolo nelle pletoriche assemblee di Bruxelles e Strasburgo. E soprattutto in materia di politica estera.
Non voglio in questo contesto addentrarmi nelle solite diatribe tecniche riguardanti le possibili conseguenze della fine dell’eurozona e dell’abbandono della moneta unica. Queste diatribe erano finora riservate alla crescente schiera degli “euroscettici”. Con tale espressione non intendo riferirmi soltanto – a scanso di equivoci – a Farage o a Grillo, ma a coloro che revocano in dubbio la struttura attuale della UE non tanto perché mossi da un’ostilità verso l’idea di Europa in sé, quanto per meri motivi di opportunità politica, sociale ed economica.
Mi si consenta però di mettere in rilievo il problema che è a mio avviso il più grave. Quali sono i motivi che hanno indotto Angela Merkel a reagire subito alle dichiarazioni francesi in modo che definire stizzito è dir poco? O, meglio ancora, esiste un mandato popolare che autorizza la cancelliera tedesca ad assumere il solito tono da maestrina bacchettando questa volta i francesi, dopo aver prima bacchettato a destra e a manca, e a più non posso, altri partner europei, italiani in testa?
Se qualcuno mi dimostra, con argomentazioni convincenti, che la Merkel ha in effetti ricevuto un simile mandato popolare (europeo, si badi bene, non tedesco), sono disposto a zittirmi all’istante. Il problema è che davvero non si capisce da quali fonti il mandato suddetto provenga.
E allora siamo alle solite. Ancora una volta occorre riconoscere che la UE è un’unione fasulla, stante il fatto che la Germania, con un’abilità che le va onestamente riconosciuta, è riuscita a imporre a tutti gli altri un’egemonia di fatto. Detta egemonia non si basa soltanto sul suo successo economico (peraltro calante), ma anche – se non di più – sulla brillante capacità di costruire attorno a sé una corona di Stati satelliti disposti per varie ragioni ad assecondare in toto i suoi voleri.
Ai tedeschi, come ho prima affermato, bisogna fare i complimenti. Del resto loro, di egemonia continentale, sono esperti in sommo grado. Ci hanno già provato varie volte a trasformare il Vecchio Continente nel loro cortile di casa. In passato ricorrevano alle armi e a un esercito possente al punto che gli altri europei, per non soccombere, dovettero invocare l’intervento armato americano.
Ora ci provano con metodi più “soft” (si fa per dire), ma l’obiettivo è sempre quello. E, come in precedenza, il loro compito è agevolato da mosche cocchiere in quantità. Non solo Paesi satelliti, ma anche parecchi presunti autorevoli commentatori che sui grandi quotidiani, italiani e non, sposano il verbo Tedesco.
Qualcuno certamente non gradirà, e tuttavia è inevitabile rammentare che il vecchio Giulio Andreotti, tra un’inchiesta e l’altra, ci aveva regalato una delle sue massime più fulminanti. “Amo così tanto la Germania che preferisco averne due piuttosto che una sola”.
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