La mattina si comincia con la santa messa delle sei, confessando i peccati e i mali pensieri la giornata si affronta con più forza. Oggi ci sarà il gran ballo nel salone principale, è stato pulito tutto, dai lampadari di cristallo alle tende ricamate, l’argenteria è stata lucidata, i servizi di porcellana e la cristalleria tirati fuori dalle credenze, i preparativi hanno rotto la schiena ai servitori - troppo lavoro. In cucina le pietanze sono pronte. Gli invitati cominciano ad arrivare, il rumore delle carrozze fa tacere le cicale, i frac e le ampie gonne dai bustini colorati ricchi di merletti sfilano uno dopo l’altro. Sono nobili e persone importanti, dei veri signori, ma tra questa nobiltà c’è qualcuno che si atteggia, il classico pirocchiù arrinisciutu. Ecco Angelica, da piccole giocavamo insieme, vestivamo uguali, la sarta era la stessa, mia madre. Poi suo padre si arricchì e ora guardala, vorrebbe abbagliare tutti con la sua bellezza. Come hanno fatto a dimenticare quanto era brutta da ragazzina?
Anche per questa occasione la sarta è la stessa. E siccome i mercanti di Palermo non erano alla moda per Angelica, gli amici di famiglia in viaggio per affari furono invitati a segnalare mercanti di tessuti nelle varie città siciliane e italiane, alla fine di tanta ricerca il tessuto è stato ritirato direttamente da Parigi mentre i merletti da Siviglia. La domanda comune fu: se per l’abito del ballo ha bloccato un paese intero, per l’abito da sposa cosa vorrà, la collaborazione dell’esercito dei garibaldini? Tre mesi di lavoro per cucire questo abito. Le prime prove sono state catastrofiche, la gonna era talmente ampia da rischiare l’osso del collo ad ogni passo, il corpetto troppo stretto, le stecche di balena non la facevano respirare e il merletto - forse per l’abbondanza - le irritava il petto e le spalle, gli impacchi di camomilla l’unica soluzione a tanta irritazione. Ogni prova oltre a procurare ansia e paura alle sarte, produceva esplosioni di pianti e grida della pupa. Tutti odiavano l’abito bianco e non solo quello! Ed ora eccola, giuro che la prossima zuppiera di consommè che vado a prendere, glielo butto addosso, su quel vestito dalla gonna bianca così ampia da occupare quattro sedie per sedersi. Ridi, ridi, tuo nonno sempre “Peppe Mmerda” rimane, anche se bevi col mignolino alzato.
(Il signorino Tancredi sembra un babbiuni, ha un sorriso stampato sulla faccia che pare malato! Non stacca gli occhi dalla nuova arrivata, Angelica ha bloccato tutto il salone, anche le mosche si sono fermate. Pure il principe Fabrizio rimane stregato e apre le danze con l’unica donna della serata che invece di essere tra le sue braccia dovrebbe essere abbracciata ad una zuppiera, quella del brodo.) Caterina Guttuso