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Angelika tra maiali e pecore

Da Brunougolini
Angelika tra maiali e pecore
Non è un trattato di zoologia e nemmeno una ricerca dei sindacati agricoli. E’ un romanzo che percorre una realtà inesplorata. Quella di chi lavora, con i compiti più diversi, nelle stalle, tra i campi, negli allevamenti. E permette di arricchire le nostre mense di cibi di ogni tipo. Sono mansioni le più diverse, spesso crudeli. L’autrice Angelika Riganatou è nata ad Atene ma si è trasferita in Italia da bambina. Il suo libro s’intitola “Mondo animale” (Ediesse) ma in realtà è un viaggio, spesso ironico, spesso divertente dove i mondi si mescolano. Ora lei fa la veterinaria “atipica”. Scrive: “mi sono mossa negli ambienti più disparati, dalla veterinaria pubblica a quella privata, dagli ambulatori per cani e gatti, alla tosatura delle pecore, ai progetti sulle fibre naturali, all’insegnamento agli ex tossici, all’allevamento di bovine da latte, alla presentazione di progetti per il contenimento dei selvatici". Ha cosi costruito un libro colto dove i capitoli riecheggiano opere celebri: “Le metamorfosi, Padri e figli, L'assomoir, Il deserto dei tartari…”. Sono tanti squarci, racconti, aneddoti redatti con garbo e piacevolezza. Ed è in questi luoghi di lavoro davvero inusitati, come il mattatoio dei maiali, che la veterinaria atipica incontra ad esempio un ragazzo di 20 anni, atipico anche lui, “messo a fare uno dei lavori più infami”. Deve togliere dalla carcassa dell’animale fegato e cuore eliminando i polmoni, tra odori, vapori e viscidumi. Con lui che urla: “Me ne vado, me ne vado”. Mentre sta insanguinato fino ai gomiti, con i piedi immersi nei coaguli. E lei che si chiede come faccia un “ragazzo giovane che ha voglia di vivere” ad adeguarsi, svegliandosi alle cinque per andare a lavorare dodici ore, con la giornata intera divorata.Il problema è che la crisi costringe a questo e ad altro. Cosicchè quando sempre lei è chiamata a ispezionare un ristorante che dovrebbe essere sequestrato, per la presenza di cibo congelato e avariato, è colta da un qualche dubbio. Ovvero “sarebbe il proprietario a rimetterci o piuttosto la cameriera russa che sta apparecchiando, o il ragazzo laggiù che si sta occupando di un cliente?”. Insomma drammi sociali e drammi animali. 
Come quelli che s’incontrano negli allevamenti di pecore dove operano “i nuovi schiavi”. Vengono da Romania, Macedonia, Marocco, Albania. Sono “alloggiati in stamberghe inenarrabili, senza acqua corrente né riscaldamento, disseminate in campi isolati e spesso inaccessibili”. Capita così che si racconta di un ragazzetto rumeno “subito adocchiato dai frequentatori del posto... Una notte gli hanno teso un agguato nel suo ricovero notturno e lo hanno stuprato. La mattina dopo, l’allevatore lo ha trovato piangente e terrorizzato”.
Vite vendute, anche se, nel libro, non mancano i sorrisi e le facezie in un panorama dove le mansioni si accavallano, come quella, ad esempio, della sterilizzazione di gatti e cani randagi. E così è possibile scoprire “mestieri” davvero impensabili. Come quello di un altro ragazzo che conduce la veterinaria ad assistere alla cattura dello sperma del verro, l’animale capace di far figliare le maiale. L’operazione è portata a termine dal ragazzo medesimo “brevi manu” e raccontata attraverso una descrizione esilarante e boccaccesca. 
Le memorie di Angelika non sono però un grido di dolore. Anche perché ha accompagnato la sua attività a quella di scrittrice già affermata. Certo immaginava diversamente la sua vita professionale: “Io vedevo me stessa su una jeep carica di attrezzature varie, per lo più binocoli e macchine fotografiche. Mi immaginavo in giubba mimetica, appostata in selvaggia solitudine, a osservare nidi di rapaci da me personalmente protetti. Mi vedevo operare per ore, al fine di ridare ali ad aquile e grifoni che conoscevo per nome e che mi davano del tu, e poi mi materializzavo a guardarli volteggiare su in alto, pura aria, una volta che li avevo riabilitati e liberati. Nel loro volo, io stessa mi libravo, la mia vita e le mie fatiche acquistavano un senso”. Ha dovuto impegnarsi in compiti da “multitasking”, come li chiama. Compiti essenziali per tutti noi, compiti misconosciuti. Eppure lei e i ragazzi incontrati nel suo percorso danno meno al Paese dei tanti “manager” pubblici e privati trattati a peso 

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