Finirà in procura a Catania il caso della “bella Angelina”, la mummia di una ragazza della buona borghesia catanese che da 102 anni riposa in una cappella gentilizia del cimitero di via Acquicella. Morta giovanissima nell’aprile del 1911, in circostanze misteriose, fu fatta imbalsamare dal padre, pazzo di dolore, vestita ed acconciata di tutto punto, al fine di preservarne il corpo.
Per cappella gentilizia si intende una piccola struttura di culto commissionata da una certa famiglia, che oggigiorno corrisponde ad una tomba privata nel cimitero, mentre anticamente poteva sorgere a ridosso del castello o della dimora della famiglia nobiliare. Erano luoghi destinati prima di tutto ai vivi, per la preghiera e le celebrazioni eucaristiche, e solo in un secondo momento, utilizzati come spazi addetti alla sepoltura.
Appunto ciò che sta avvenendo, in questi giorni, all’interno della cappella della famiglia Mioggio, che qualcuno sta trasformando in un luogo che sembrerebbe essere riservato ad una persona viva. Si è scoperto infatti che, nell’indifferenza generale, da qualche tempo la mummia viene accudita da un estraneo che si introduce abitualmente nella cappella per ripulirla dall’incuria e dall’abbandono, trasformandola in ambiente alquanto kitsc. La direzione dei servizi cimiteriali di Catania ha deciso di sigillare la tomba e rivolgersi alla magistratura.
Una storia singolare lega l’uomo, Samuele Bombaci, 39 anni, alla mummia di Catania. Mentre era in coma, in seguito ad un incidente la cui natura non viene ben specificata, il catanese avrebbe sognato la donna, pur, a detta sua, non conoscendone la storia, la quale gli avrebbe chiesto, e il condizionale è d’obbligo, di portarle un fiore. Angelina lo avrebbe rassicurato, sul fatto che sarebbe riuscito a trovarla. E così è stato, soltanto che in seguito, i sogni si sarebbero fatti più frequenti, limpidi ed addirittura ossessivi. La mummia di Catania avrebbe avuto altre richieste, fra le quali, la più importante, quella di cambiarle abito, poiché desiderava un vestito da sposa. Sua volontà era che quello vecchio di 100 anni, venisse comunque conservato e riposto accanto a lei nella bara.
Bombaci si reca frequentemente al cimitero, e si prende cura della mummia, con fiori, candele, e violando i normali principi d’igiene, anche carezze. Starebbe seriamente pensando, assieme ad un’amica che lavora nel settore, di dare presto un abito nuovo, degno e pulito alla “bella addormentata di Catania”, che loro amano chiamare “il nostro angelo custode”.
Egli rivolge anche un invito e spera che i catanesi lo colgano: poiché il cimitero la domenica rimane aperto, sarebbe bello se si portassero fiori sulla tomba.
Ma evidentemente le forze dell’ordine hanno intenzione di porre fine a questo macabro rituale. La mummia infatti, è stata definita eccezionale testimonianza delle tecniche imbalsamatorie del secolo ventesimo da Dario Piombino- Mascali, conservatore scientifico delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, che chiede da tempo, invano, che sia protetta dalla sovraintendenza ai sensi dell’attuale Codice dei Beni culturali. A parte un fatto di rispetto per i morti, i cui corpi, per una sorta di pietàs cristiana, la nostra religione ci ha sempre imposto di coprire, e l’usanza di visitare le mummie nei musei, e non nei cimiteri, il corpo rischia seriamente di deteriorarsi.
L’imbalsamazione, nello specifico, è una pratica volta a conservare dopo la morte l’intera struttura del corpo umano, e necessita in primis di luoghi che non agevolino i processi di decomposizione, quali le aree dal clima freddo o desertiche. La mummia di Catania è esposta all’aria aperta e senza dubbio il clima caldo della città non aiuta.
Pratica antichissima che ebbe origine in Egitto, presumibilmente intorno al 4000 a.c. , l’imbalsamazione era considerata un vero e proprio rito religioso volto a consentire una riappropriazione del corpo da parte del defunto nell’Aldilà. Era diffusa anche presso i popoli peruviani e le civiltà Inca, mentre in occidente si iniziò ad utilizzarla per i militari di un grado elevato morti lontano dalla madrepatria. Si avvaleva, al fine di agevolare il processo di conservazione, dell’utilizzo di oli, resine e unguenti, mentre il corpo del defunto veniva avvolto in tessuti specifici.
Attualmente la pratica dell’imbalsamazione viene utilizzata soprattutto, per gli animali. Riguardo propriamente a quella umana, si utilizzano tecniche differenti rispetto al passato, poiché si sfruttano le proprietà chimiche della formaldeide e dell’arsenico, somministrati tramite iniezione, onde evitare il processo di decomposizione. Si ricorre a questa pratica per conservare salme a scopo di conoscenza didattica o dimostrativo. La mummia di Catania rappresenterebbe, in tal senso, un’ottima fonte di studio e sarebbe davvero un peccato, se tutto andasse perduto per incuria.
A ciascuno di noi, in coscienza, spetta decidere se credere oppure no a questa storia. Angelina si sarà veramente rivelata al suo “benefattore”, oppure ha rappresentato soltanto una sorta di occasione per permettere a quest’ultimo di ottenere visibilità?
Poco importa ormai, poiché la massima priorità è salvaguardare quel corpo che attende da 102 anni. Angelina, condannata dal padre a non trovare pace.
Written by Cristina Biolcati