Angelina o Amina? Il seno come bandiera

Creato il 21 maggio 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

di Costanza Bondi

Si è sentito parlar molto di tette, ultimamente, ai telegiornali. Sì, avete capito bene, non mi sono sbagliata a scrivere. Tette, pocce, seno, mammelle, nude o coperte, comunque argomento di discussione e di attualità. Distanti anni luce le due protagoniste. Ancor più lontani i propositi per cui si sia affrontato il tema. Angelina shocking, una volta in più rispetto al solito, comunica alle ANSA mondiali il proprio proposito di volersi fare asportare le tette a scopo preventivo, onde evitare – dato il riscontro di una sua familiarità – di ammalarsi di cancro al seno. Con tutto il rischio dell’effetto “celeb” che sempre ne consegue dai comportamenti scellerati (questo il mio parere) adottati dalle persone famose. Certo, per una che è passata e ripassata sotto le mani del chirurgo estetico per una quantità di volte che non si può più conteggiare, forse, non si pone neppure il problema di una mastectomia.

Dall’altro canto, invece, abbiamo un’altra donna che, il seno, ha deciso di usarlo come bandiera. Attivista tunisina del movimento Femen, Amina protesta contro la condizione femminile nei paesi islamici, mostrandosi in foto a seno nudo. Con tutto il rischio sempre dell’effetto “celeb”, ma così celebre che rischia la morte nel proprio paese.

Scelte entrambe emotivamente forti, non c’è dubbio, ma che ancora una volta dimostrano che più la donna voglia distaccarsi dalla propria essenza, più invece è portata a utilizzare, per raggiungere l’obiettivo, il proprio corpo e la propria femminilità. Grande arma, in effetti, segno di identità di genere, nonché il carattere sessuale più evidente in una donna (dove più e dove meno) che porta con sé implicazioni psicologiche che pescano nell’archetipo e, quindi, nell’arcaico. A ben ricordare, già negli anni ’70 ci fu chi si mise a bruciare i reggiseni in piazza, cercando di dar fuoco al simbolo femminile per eccellenza e distaccandosi, così, da una simbologia che intendeva reprimere la libertà sessuale. Ma, appunto, mi pare la storia del cane che si morde la coda: le donne, per farsi sentire, fanno parlare il resto del mondo del proprio seno. In un modo o nell’altro. Nel bene o nel male.

Perché, checché se ne dica, e con tutte le distanze che se ne vogliano prendere, è da lì che tutto parte, a cominciare dall’amore e dal nutrimento.



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