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Angelo ricci, “la parte di niente ii”

Creato il 22 febbraio 2014 da Postpopuli @PostPopuli

 

di Giovanni Agnoloni

Angelo Ricci, La parte di niente II. La parte degli scrittori (Errant Editions)

 ANGELO RICCI, LA PARTE DI NIENTE II
Angelo Ricci, scrittore che già abbiamo avuto occasione di conoscere sulle “colonne” di Postpopuli, è uscito da poco con il secondo atto di una sua trilogia e-book legata al personaggio, al mito e alle suggestioni letterarie dello scrittore cileno Roberto Bolaño. La parte di niente II. La parte degli scrittori, però, è un’opera che coinvolge anche molte altre, autorevolissime voci della letteratura del Novecento, e in particolare della sua stagione postmoderna, in una sarabanda di pensieri, ricerche e spettri della mente e della storia, che bordeggiano, inquietanti, il territorio della violenza e del male, per additare al segreto e al rischio della zona più calda dell’essere: quella da cui sgorga la dimensione del perturbante, e da cui, anche, fuoriescono le creazioni narrative più geniali.

Ecco la mia intervista all’autore.

1.Una fantasmagoria di autori moderni e postmoderni, da Borges a DeLillo, da Bolaño a Moresco, fusi in un unico “racconto-delirio” (in senso buono, ovviamente), o – per parafrasare proprio l’autore italiano, da te recentemente intervistato – in un “canto del caos”, retto da un’intima e inquietante logica armonica. Qual è la chiave di questa tua ricerca?

Nella mia avventura (nel mio viaggio, se vuoi) di lettore – avventura ormai ultraventennale e che si è poi, ad un certo punto e indegnamente, unita alla mia avventura di scrittore – ho avvertito la presenza di un mondo parallelo, un universo, una realtà forse virtuale (per riprendere Gibson e gli altri autori del cyberpunk) che iniziava a prendere vita, a (con)fondersi con la realtà che crediamo autentica. Una realtà creata da una coppia di demiurghi zoroastrianamente intesi, uno malvagio e in eterno confronto con un altro invece benigno. E questa realtà, questo universo è quello delle narrazioni, delle trame, dei romanzi. Una mappa dell’impero letterario borgesianamente viva e palpitante e pronta a sostituirsi, come in una definitiva e sanguinante catarsi bolañiana, a quella che immaginiamo essere la nostra realtà, in un confronto che non ha (e non può) avere fine. È questo confronto, questa lotta, quello che tu giustamente definisci “inquietante logica armonica”, ed è questo che sta alla base di questa trilogia, che ne è la chiave di ricerca.

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Angelo Ricci (da verbumlandianews.com)

2. Amos Lemma, l’autore inesistente (o introvabile), nell’imprescindibile “salsa” latinoamericana – un po’, mi verrebbe da dire, alla Mundial olvidado - è un topos di stampo bolañiano. È quest’assenza l’essenza del fascino dell’autore cileno, e la radice della tua passione per le sue opere?

Certamente. È questa assenza che poi diviene essenza di una finzione che è più reale del reale, mentre il reale si mostra ai nostri occhi attoniti, come finzione. L’autore inesistente forse esiste, anzi esiste senz’altro. Amos Lemma ha scritto quattro romanzi introvabili. È stato citato in circuiti underground, ha addirittura preso il controllo, qualche tempo fa e per fortuna per pochi giorni, del mio profilo su facebook. Forse ne risentiremo parlare, forse no. Tutto dipenderà su quale lato della finzione-realtà ci troveremo nell’istante (eterno, comunque) del suo manifestarsi.

3. A un certo punto parli della necessità di “uno scrittore unico, che dica cose uniche e le dica con stili differenti, abitando generi differenti, anzi tutti gli stili e tutti i generi.” È un ideale di letteratura che condivido. Può profilarsi come una – o magari la – strada oltre il postmodernismo?

Questo autore unico è la manifestazione, il golem, il moloch, la creazione di questa mortale partita fra i due demiurghi. Non so se può essere un ideale o una strada da percorrere o una strada che forse è già stata percorsa. È il risultato di questa guerra nel tempo e del tempo. Certamente va oltre il postmodernismo. Credo che il postmodernismo vada riscritto alla luce di certe geniali valutazioni che sono state di Borges e di Calvino. Va destrutturato e riscritto nella brevità fulminea di un istante narrativo. Ma la guerra tra i demiurghi è sempre in corso, ed è difficile, per noi, comprendere a quale livello spaziotemporale ci si trovi. Forse è questa la missione dello scrittore. Individuare questo livello.

4. Nel mio recente articolo su Bruno Schulz ho indicato una possibile via nella “narrativa di flusso”. Tu parli di “un mantra che diventi unico per tutta l’umanità.” È possibile, allora, mi e ti chiedo, che la letteratura, anche laddove non ne è pienamente consapevole, sia meditazione, illuminazione o (diciamolo pure) preghiera?

Ma la letteratura è proprio tutte queste cose che dici. Lo scrittore e il lettore ne sono gli umili sacerdoti, che hanno precisamente il compito di perpetuare questo mantra. Ed è questo mantra che ci avvicina alla comprensione del mondo e dell’universo. Ci avvicina soltanto però, senza farci mai arrivare al definitivo punto Omega, perché lo scrittore e il lettore sono esseri incompleti, soggetti e oggetti, nel contempo, della narrazione, della letteratura. Ma anche questo mantra può essere inteso in senso negativo o positivo. Dipende dal demiurgo.

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da Wikipedia

5. In questo tuo “canto narrativo” adombri lo spettro e l’azione del male, che è stato al centro della ricerca di Bolaño, non tanto come entità metafisica quanto come forza concretamente operante nella storia. È possibile che i grandi maestri (soprattutto) della stagione postmoderna si siano incagliati nell’inevitabile aporia di una ricerca che, per quanto ci si ostini razionalmente a negarlo, apre ben più di uno spiraglio sull’Eterno?

Certamente apre spiragli sull’Eterno, un eterno a cui si tende ma che è impossibile da raggiungere. Il tentativo di perseguire il romanzo universo, il romanzo che contenga tutti i romanzi del mondo, tentativo che è l’essenza affascinante del postmodernismo, è un tentativo destinato a fallire, perché è impossibile nella sua stessa definizione. Tuttavia è il fine al quale è necessario tendere. Lo spettro e l’azione del male sono gli oggetti necessari di questa indagine letteraria, perché è dalla loro individuazione, dalla loro narrazione che si giunge allo smascheramento del demiurgo malvagio. Bolaño stesso ne va in cerca, tenta di scoprirne la presenza, ne sente l’orrifico sussurro. I grandi maestri della stagione postmoderna hanno compreso, hanno sentito, questa presenza. E sono loro che hanno guidato e guidano questa investigazione sul romanzo universo, che è poi la ricerca (impossibile, ma doverosa) del demiurgo benigno. Forse dopo si manifesterà l’armageddon oppure sarà la stessa matrice a dirci, come dice a Neo (il personaggio di Matrix) che tutto riparte dall’inizio e che il principio è la fine e la fine nient’altro che il principio.

6. Dopo questa seconda parte, puoi anticiparci qualcosa della terza?

Sto raccogliendo materiali e spunti. La trilogia de La parte di niente è un “work in progress”. Ancora non so dove mi porterà.

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