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Angels in America

Creato il 19 gennaio 2013 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

Angels in America
HBO
2003, 6 “capitoli”
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Cambio leggermente genere e parlo di questa meravigliosa (e lo ripeterò più e più volte) miniserie americana tratta dalla pièce teatrale Angels in America: A Gay Fantasia on National Themes scritta da Tony Kushner nel 1993 e vincitrice del premio Pulitzer. Non so come mai mi sono messa in testa di guardarla, stavolta nessuno me l’ha consigliata (anzi, sono io ora che la sto suggerendo a mezzo mondo), ho avuto anche una strana sensazione di dèja-vu, come se ne avessi già visto un pezzo in passato, tipo su Telemontecarlo o qualcosa del genere.

Di cosa parla – Eh, bella domanda. Di cosa parla?! Non lo so con precisione. Ovvero, so ovviamente di che parla, saprei raccontare la trama, ma di cosa parla sul serio resta un po’ un’incognita. Intanto scrivo quello che so, al resto ci penseremo poi. Siamo a New York nel 1985, Reagan è il presidente, l’AIDS “esiste” ufficialmente solo da pochi anni ed è percepita come una malattia esclusivamente degli omosessuali. In questo scenario si muovono i nostri personaggi. Ci sono Prior (sì, il nome è proprio Prior, nella miniserie si fa tutta la cronistoria del nome) e Louis, solida coppia gay, fino a quando il sarcoma di Kaposi non compare sul petto del primo mandando in crisi il secondo. Ci sono Joe e Harper, lui avvocato repubblicano, lei casalinga dipendente dal Valium che le provoca vivide allucinazioni, entrambi mormoni, entrambi infelici a causa dell’omosessualità repressa di lui. C’è Roy Cohn, avvocato realmente esistito (qua la sua biografia in inglese), malato anch’esso di AIDS ma che rinnega completamente la sua omosessualità. C’è Belize, infermiere gay e a volte drag queen. C’è Hannah, la madre di Joe. C’è Ethel Rosenberg, o meglio, c’è il fantasma di Ethel Rosenberg, giustiziata nel 1953 per essere stata una spia sovietica. C’è Emily, infermiera in ospedale. Le vite di questi personaggi si intrecciano in lungo e in largo per quasi 6 ore di visione creando legami profondi e terribilmente umani. E poi certo, ci sono gli angeli. Sì, è un’opera dove la religione è estremamente presente. Innanzitutto la religione ebraica (basta sulla colpa e non sul perdono, viene detto all’inizio), poi quella dei mormoni, e più in generale i riferimenti biblici si sprecano, per non parlare delle visioni, del misticismo, del modo di relazionarsi con Dio e con la propria fede. Sugli angeli veramente non posso dire nulla perché svelerei troppo, ma quando scoprirete di cosa si parla rimarrete con la bocca spalancata tipo per un quarto d’ora. Si è capito un po’ di cosa parla no?

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Perché guardarla – Fermo restando che Perché la consiglio io dovrebbe bastare vediamo di dare qualche altra motivazione seria. Intanto perché è diretta da Mike Nichols e ci sono Al Pacino, Meryl Streep, giusto per citare i due nomi più altisonanti, ma anche gli altri sono fenomenali. E poi perché è bellissima. E lo è a prescindere dal significato, dal capirla o meno, è bellissima perché mentre la guardi ti ritrovi con gli occhi spalancati in uno stato simile alla trance come se ti avesse ipnotizzato. Fa piangere, tanto, ma fa anche ridere, molto. Tutta la faccenda dei riferimenti biblici, delle visioni, detta così sembra una roba alla Bernadette ma non esiste cosa più distante, c’è costantemente un’ironia che attraversa le scene più mistiche e le rende vere e proprio per questo più potenti (uno dei protagonisti quando presagisce le visioni ha un’erezione, giusto per citare il caso più eclatante). Affronta temi che ancora oggi ci riguardano. Sì il 1985 è lontano, io sono nata nel 1985, ma alcune cose sono universali, le questioni etiche, morali e sociali sono sempre le stesse. E per quanto si siano fatti passi avanti nel non considerare l’omosessualità come il male del millennio c’è ancora troppa strada da fare, purtroppo. Senza considerare tutti i discorsi sull’etnia, sull’identità, sulla religione come fenomeno sociale, sulla politica, sul senso di comunità, certamente potrei andare avanti per ore. La cosa più importante è il messaggio che io ho colto (oddio, magari ce n’è pure un altro non so, o forse non ho capito niente, ripeto, NON SO!!!), ovvero che per vivere, per vivere realmente, per andare avanti, perché la società, prima ancora che l’individuo, progredisca, per ritrovarsi, per farsi accettare, bisogna sconfiggere l’immobilità. Chi cambia vince, chi sceglie la stasi perde. E dunque al diavolo tutte quelle cose (la religione in primis) che ci tengono legati al passato per non farci vivere il futuro, la vita è vita, è sempre meglio di qualunque cosa purché la si affronti nel modo giusto cioè in movimento costante. So che detto così sembra uno spot di un qualche partito new age del lello ma davvero non è così.

Qualche citazione degna di nota.

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  • Harper: …I’m a Mormon.
  • Prior: I’m a homosexual.
  • Harper: Oh! In my church we don’t believe in homosexuals.
  • Prior: In my church we don’t believe in Mormons.

“I hate America, Louis. I hate this country. It’s just big ideas, and stories, and people dying, and people like you. The white cracker who wrote the national anthem knew what he was doing. He set the word ‘free’ to a note so high nobody can reach it. That was deliberate. Nothing on Earth sounds less like freedom to me. You come to room 1013 over at the hospital, I’ll show you America. Terminal, crazy and mean. I live in America, Louis, that’s hard enough, I don’t have to love it. You do that. Everybody’s got to love something.”

“I pray for God to crush me, break me up into little pieces and start all over again.”

“We have reached a verdict, your honor. This man’s heart is deficient. He loves but his love is worth nothing.”

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So che se dico che è un capolavoro qualcuno dirà Eh ma dici sempre che son tutti capolavori!. Sì, io scelgo di parlare solo delle cose belle. Non voglio perdere tempo nel criticare quelle brutte, preferisco, nel mio piccolo, tentare di diffondere il più possibile la bellezza e Angels in America è bellezza allo stato puro.



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