che mi ha presentato i costi della cultura mafiosa.
Via Roma: grande arteria del centro storico di Palermo che collega la Stazione Centrale al Politeama, squarciando prepotentemente il Cassaro e Piazza San Domenico. Quante volte le avremo camminato addosso?
Verso ottobre le stavo sopra, dovevo scriverci la tesi su via Roma; o meglio, su qualcosa che la riguardava, forse su di me, su di noi. Credo nella storia, allora mi chiesi com'era all'inizio, prima di oggi; cerco, apro wiki e scrivo:
"La sua evoluzione storica ci dice molto sulla sua identità attuale: fino alla fine dell'Ottocento, la zona era uno dei quartieri più poveri della città, abitato da palazzi di edilizia popolare, da sporcizia e da miseria sociale. Ovviamente, questo scenario degradato non era gradito alla borghesia dell'epoca, così, in occasione dell'Unità d'Italia, Palermo progettò un nuovo collegamento fra la stazione ferroviaria, la città nuova e il porto che stravolse la planimetria del centro storico cittadino: una nuova via che "in modo moderno" doveva correre dritta dalla Stazione centrale a viOggi, solo apparentemente dimentica delle sue origini, via Roma è insieme il crogiolo della movida notturna, dei doveri diurni, dello shopping ubiquitario, dei palazzi eleganti e del traffico umano e meno umano, impegnato e disimpegnato, che la attraversa in flussi quotidiani variabili ma onnipresenti. Il suo asfalto lambisce i residui della ricca noblesse panormita, i fallimenti imputati alla crisi e gli espedienti della micro/macro-criminalità odierna; il quartiere accoglie il vecchio e il nuovo, autoctoni e immigrati, legalità e illegalità, operosità e parassitismo, e ancora il lirismo dei teatri e dei centri commerciali chic e il pattume dei suoi angoli nascosti e degradati. Via Roma è lo specchio attualissimo e poliedrico di una Palermo che muta ad ogni angolo, ad ogni vicolo, ad ogni bancarella e volto che la popola.
Al contempo, via Roma, come il centro di Palermo, come l'intera città e come la Sicilia tutta, è anche "un territorio difficile, contraddittorio, composito per la sua eterogeneità morfologica e sociale, ricco di risorse, abbinate ad altrettanti vincoli e vulnerabilità"; ed è uno di quei "contesti socio-antropologici e psico-relazionali attraversati fattualmente e psicologicamente dal fenomeno mafioso" . Qui, "la mafia è parte del patchwork, non un suo frammento discreto e isolabile, ma una delle pellicole sotterranee che lo attraversano, un oscuro collante che contribuisce a creare le sagome opache di alcuni territori siciliani" .
A Palermo-centro, la presenza di Cosa Nostra è diffusa, pervasiva, riconosciuta, e tuttavia sguscia dal distratto controllo dello sguardo cittadino, mimetizzandosi con una Cultura Locale ormai pienamente intrisa, satura di essa.
Non è una mafia rumorosa; è una mafia sottotono, incistata nelle nostre identità sociali come un frammento qualsiasi delle quotidiane storie palermitane e che pertanto può esser facilmente ignorata, negata, bypassata. E' una mafia che incapsula tacitamente ogni luogo mondano e mentale. Una mafia che sovverte le regole del gioco, l'appartenenza, il rapporto con l'Altro, che rende insano il convivere, trasformandolo in "localismi chiusi e mitici" , in modalità utilitaristiche dell'essere-con-l'altro, in familismo, in assistenzialismo, in collusività clientelare, in paranoia, in depressione, in omertà-sudditanza-prepotenza-furbizia-diffidenza, in tutto il trafficare e depredare che, purtroppo, ben conosciamo.Questo "ricco" "affresco di parole" connota un contesto in cui non è irrealistico incontrare quotidianamente faccendieri "a disposizione", modus operandi improntati al sistema clientelare obbligo-favore e onnipresenti punti di contatto con una psiche mafiosa fattualmente "incarnata" nel territorio, in cui "il 'fondamentalismo' psichico mafioso, come lo abbiamo chiamato, prospera e domina in maniera totalitaria" .
Ho scritto questo e ho continuato per 170 pagine. Ieri ho caricato la tesi e mi sono ripromessa di non lasciare carta morta, di dire e condividere per "contribuire a Palermo". Soprattutto dopo che dietro via Roma, alla Magione, centralissimo, dietro tutto e al cuore delle mie radici siciliane, ho toccato con mano quello che scrivevo: ho toccato una cosa dura, fredda, pesante: la mia delusione vera; una cosa con la faccia ignota di un tizio dalle mani esperte che ci hanno aperto la macchina, hanno cercato qualcosa di interessante con lento comodo ed hanno portato via uno stereo ed il mio notebook. Quello su cui si trovava la mia tesi. [...]
Ho spaccato un bracciale d'acciaio battendo i pugni sul petto del mio ragazzo per la rabbia, scavando il mio stesso viso di lacrime-fiele. Con un filo di voce graffiante ho scelto di laurearmi e di usare tutto questo, di continuare a cercare di capire, di guardare questo centro città, questa città anzi, con gli occhi di chi la ama e la odia al contempo e non vuole farsi soffocare dalla depressione né starsene con le mani in mano.
Col petto che mi bruciava, convesso e conortato, ho consegnato 150 euro allo "spiccia faccende" del luogo per riavere il mio pc. IL MIO PC. Lui ci conosceva e ci ha portato il resto di 20 euro; e grazie, gli ho detto. Pure. Ho pagato un "pizzo" su una cosa MIA, ho pagato, costretta, un furto che non ho potuto denunciare perché LUI era un amico di amici. "Mischino, av'i picciriddi nichi", mi è stato detto; "un c'è travagghiu!". ...Il MIO pc. Il MIO tempo. La MIA fatica. Il MIO futuro. Se l'è preso, perché è "mischino", lui.
Ho concluso quel paragrafo scrivendo ancora di Palermo, di cosa è la mafia a Palermo o di cosa è Palermo grazie alla mentalità mafiosa:
"Stagnazione, ripiegamento su se stessi, antagonismo, sottosviluppo, accentramento del potere, inesorabile aridità della mancanza dell'Altro, narcisismo "maligno" che genera contrapposizioni "mio bene versus bene degli altri" o "vita mea versus vita tua", ovvero "mors tua vita mea"; l'Altro diviene così IL nemico, LA peste, in una post-moderna patologia del contatto che ricorda da vicino lo slegamento pulsionale freudiano
...Vorrei poter vedere con gli occhi e scrivere cosa potrebbe essere senza.
"Raccontare come stanno le cose vuol dire non subirle"
(R. Saviano, 2011)
[1] In http://it.wikipedia.org/wiki/Via_Roma_(Palermo)
[2] Coppola E., Giordano C., Giorgi A., Lo Verso G., Siringo F. (2011), Trame di sviluppo. Il volontariato e la ricerca psicologica per il cambiamento in territori difficili, Franco Angeli, Milano.
[3] Giorgi A., Giunta S., Coppola E., Lo Verso G. (2009), Territori in controluce. Ricerche psicologiche sul fenomeno mafioso, Franco Angeli, Milano.
[4] Carli R., Il contributo della psicologia per lo sviluppo della convivenza nella città, http://www.spsonline.it/Letture/carli_convivcitta4.doc, on line il 13 aprile 2004.
[5] Sempre Coppola E. et al., 2011.
[6] Kernberg, O. (1975), Sindromi marginali e narcisismo patologico, Boringhieri, Torino.
[7] Lo Piccolo C., Ruvolo G. (2014), trascrizioni della tavola rotonda "L'inutile fatica di essere se stessi. Soggettività e patologia al tempo del neo-capitalismo", "Nuove pratiche fest. #Innovazioneculturale", 17-18 ottobre 2014, Palermo.